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L'ha scritt carlo "U Sinnache"   
giovedì 28 luglio 2011

 Ero comodamente seduto sulla chaise longue della camera da fumo ospitata nell'ala sud-sud-est della mia umile magione quando sentii entrare l'indefettibile Archibald, il gentiluomo britannico che si premura di rendere quanto più confortevole possibile la mia permanenza terrena.
Notata la mia espressione accigliata il sempre attento Archie si premurò subito di accertare che il cognac V.V.S.O.P. che mi aveva recato qualche minuto prima fosse di mio completo gradimento; ottenuto il mio cenno di assenso si informò con la sua proverbiale discrezione in merito alla causa del mio malumore.

Risposi sinceramente; ero contrariato per non conoscere l'etimologia, se non certa almeno probabile, del termine "canadese" riferito alle bottiglie di birra da 33 cl in libera vendita a Taranto.

Consapevolizzatosi della estrema gravità del motivo che mi maldisponeva il deduttivo Archie, degno figlio della terra che diede i natali a Holmes (Sherlock, no John...) mi ricordò che da qualche giorno erano terminati i lavori di restauro di alcuni preziosi incunaboli di cui godevo l'usufrutto, consigliandomi di consultarli al fine di verificare l'opportunità affatto
remota che contenessero l'informazione che desideravo ottenere.

La fortuna mi fu amica, e dopo un paio di tentativi andati a vuoto finalmente scoprii quanto volevo sapere sfogliando il saggio "Se Pulsano è il presente di Pulsare, che razza di verbo è Fragagnare? - Appunti di toponomastica grammaticale ad uso dei redattori di giochi di enigmistica e quiz a premi" redatto con certosina pazienza dall'epistemologo genetico
polacco Miroslaw  Adoeketimbosky (Danzica, 1911 - Carica a cavallo durante la repressione poliziesca dei moti rivoluzionari per chiedere l'indipendenza del comune di Talsano, 1965), allievo diretto dello psicologo svizzero J. Piaget che a lungo si interrogò su enigmi sino ad allora irrisolti, quali quelli che definiscono le melanzane al forno come "alla parmigiana" pur non avendo il piatto nulla a che fare con l'opulenta città emiliana.

Nella sua chiarissima trattazione l'Adoeketimbosky afferma che il termine "canadese" nulla a che fare con Ottawa o il Quebec ma deriva da una storpiatura di una frase in dialetto; in particolare, l'erudito racconta che nel corso di una tipica azione di tramandamento orale degli episodi salienti della vita della propria famiglia, un esponente di spicco della aristocrazia cozzara narrava di quando un suo bisavolo aveva offerto una birra al futuro consuocero durante la festa di fidanzamento dei loro rampolli.

Stante il fatto che la particolare conformazione della bottiglia la rendeva particolarmente adatta a consumare la bevanda in essa contenuta senza l'ausilio di bicchieri, cannucce o altri accessori similari, la birra era stata solo stappata, pronta perché le labbra del bevitore si stringessero voluttuose intorno all'estremità del collo in attesa di suggerne il nettare
d'ambrosia.
Il gesto fu efficacemente sintetizzato dall'Omero jonico con la frase ‘‘Pigghiò 'na birra e a canna a dese’’ (Prese una birra e gliela porse "a canna") che però fu fraintesa dagli ascoltatori che, ben sapendo che le birre consumate erano esclusivamente di produzione locale, credettero che il termine da loro equivocato non si riferisse alla provenienza geografica ma al formato, in analogia ai tanti termini di uso comune quali "caffè americano", "costata fiorentina", "calzone napoletano" e via dicendo. La popolarità della bevanda e del formato e la voglia di stupire i compagni di sorseggio e/o l'ingenuo mescitore fecero il resto, ed in men che non si
dica il termine è giunto sino a noi, tanto comune nell'uso quanto ignoto nelle origini.

Lieto della scoperta, volli condividere la gioia della conoscenza con l’amico Giuliano, che come me ha la passione per la letteratura e la ricerca epistemologica, ma con mia grande sorpresa, egli mi illustrò un’altra origine del termine, ovvero quella proposta dallo storico armeno Cittusang Dangan (Jerevan, 1900 - improvviso cedimento di un asse di legno della gradinata del vecchio stadio “Salinella”, dovuta al contemporaneo pestare con i piedi degli spettatori entusiasti per un gol di Scungio durante l'incontro amichevole Taranto - Armenia, 1980) che sostiene che la prima tiratura di etichette Raffo da 33 cl recasse, per un errore di stampa, la scritta "Birra Raffo Toronto" in luogo di "Birra Raffo Taranto".

Il popolo tarantino non poteva certo lasciarsi sfuggire l’occasione di commentare l’errore e da allora, ad imperituro ludibrio della poco attenta tipografia, quel formato di birra viene appellato ironicamente "canadese".

La mia perplessità aumentò ancora di più quando la confidai a Marco, sodale carissimo la cui prestanza fisica fa il paio con la squisita intelligenza. Egli infatti mi mise a parte di una terza versione, peraltro meno accreditata, che si basa su un episodio che sarebbe avvenuto a Taranto nei primi anni '70.

In quel periodo si trovava in città in cerca di prima occupazione il noto pregiudicato calabrese Vincenzino Lacozza, poi in seguito soprannominato "U' diavule" (S. Alessio in Aspromonte 1949 - Gandoli, fraz. Leporano 1988 - tentata effrazione notturna in Villa Capadiciuccio in presenza fortuita dei legittimi proprietari, praticanti di arti marziali e rugby a livello agonistico) il quale, mentre passeggiava a zonzo nella città vecchia, incrociava casualmente in Vico Zippo un minorenne indigeno che brandiva un Raffone da 33 cl. Incuriosito, con forte accento calabrese, il Lacozza esclamava ad alta voce  ‘‘Kaa è?? Naa dee ??’’ invitando il giovane autoctono a porgergli la bevanda ed ottenendo, di tutta risposta un beffardo ‘‘Sehhhhhh!!!!!!’’.

Passavano casualmente in quei paraggi, l’uno sottobraccio all’altro, il noto tarantinologo De Cugghia ed il celebre scrittore  Chiaputo, che subito esclamava ad alta voce: ‘‘Ce t'agghie ditte, Claudio, qui la Raffo la chiamano la Ca-na-de-se.... il lemma deve essere senz’altro di origine greca…’’ provocando un greve cenno di assenso del capo da parte del peripatetico compagno che si premurò di immortalarlo in tutti i suoi scritti al fine di tramandarlo ai posteri.

Le tre versioni sono tutte altrettanto credibili e diventa difficile optare per l’una piuttosto che per l’altra.

Difficile e forse anche inutile perché, parafrasando il grande bardo inglese, se una rosa rimarrebbe pur sempre rosa anche se privata del suo nome, anche la “canadese” rimane tale anche se ignoriamo l’origine del termine.

 
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