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venerdì 19 aprile 2024
 
 
U prise chiù u ggire e chiù fete PDF Stampa E-mail
L'ha scritt carlo "usinnache"caprino   
domenica 20 novembre 2005
(Grazie a Roberto ISODBAAAAAR)

Ero nel modesto parco della mia umile magione dove, qual novello epigono di cotanto Niceforo Foca, mi dilettavo di ricostruire in scala ridotta l’abitato ed i dintorni di Taranto.

Mi accingevo a disporre sulle isole Cheradi in scala 1:1000 il fortino napoleonico e la guarnigione militare comandata da Pierre Choderlos de Laclos, più noto per i frutti letterari che per i fasti marziali, quando Archibald, il mio solerte quanto britannico maggiordomo, venne ad informarmi della presenza di due visitatori che pressantemente chiedevano un colloquio.Riposti i miei strumenti di diletto, mi accinsi a raggiungere l’ingresso della mia dimora per dare il benvenuto agli inattesi ospiti, che Archie mi informò essere rappresentanti e portavoce della agenzia pubblicitaria “Tommy e Jerry”. Ingannato dal nome anglofono li salutai con un cordiale “Hallo, how are you?”, formula conviviale innumerevoli volte studiata e ripassata sotto l’attento controllodell’albionico maggiordomo, e con non poca sorpresa li sentii rispondere: “Naa, e cì ccous, pur’chist’ parl’inglaes’!” L’espressione tipica e le vocali più che aperte – spalancate - mi diedero i primi indizi, subito confermati dai biglietti da visita che i due si affrettarono a porgermi: erano baresi e più precisamente avevo il piacere di ospitare la dottoressa Frangeschelli, che indossava un tallieur gessato che testimoniava una frigidità probabilmente non solo professionale, e il sig. Addòlemise, con un look finto giovanilistico-alternativo decisamente stonato rispetto alla incipiente alopecia che lo affliggeva, rispettivamente junior product chitemmurt account manager e Senior art sparambitt creative director della già citata agenzia avente sede nella città capoluogo di regione.
Sbrigate le formalità di rito, chiesi ai due a cosa dovessi l’invero scarso piacere della loro visita, e venni così informato della loro idea di usare la mia dimessa abitazione e l’annesso giardino botanico quale location per la campagna pubblicitaria di una nota marca di birra, molto diffusa a livello locale.
Il plot della campagna doveva basarsi sulla tarantinità della birra in questione, esaltando ed evidenziando il rapporto quasi simbiotico tra la bevanda e la città ionica.
Che dei devoti di Sànt’Nicàula potessero cogliere ed esaltare valorizzandole le peculiarità socio-caratteriali dei protetti da Sànd’Catàvede era una ipotesi che mi lasciava non poco perplesso; la cosa aveva inoltre un certo sapore di deja vù che mi rendeva assai poco bendisposto verso l’iniziativa ed infine l’idea di macchinisti, cameraman, fotografi, truccatori e personale ausiliario in giro allo stato brado nella mia proprietà aggiunse il carico da quindici, facendomi declinare la proposta in modo delicato ma deciso. Evidentemente i due emissari pensarono che facessi il prezioso per alzare la posta, e con un tono tra lo stizzito ed il “me lo immaginavo” rilanciarono con una offerta economica che sarebbe stata surclassata, in valore assoluto ed in signorilità di esposizione, da un qualsiasi pizzicagnolo di provincia.
Facendo appello alle innumerevoli lezioni di galateo impartitemi da Archibald, trattenni la sequela di contumelie che montava virulenta e declinai anche la seconda offerta in maniera ancor più categorica, al pari di Gene Wilder quando – in “Frankenstein Jr.” – rifiuta le corroboranti bevande offertegli in sequenza da Frau Blucher prima di congedarsi.
Per rendere ancor più evidente l’assenza di possibilità di ulteriori trattative, chiamai Archie e gli chiesi di accompagnare i signori all’uscita ma, subito dopo una formale stretta di mano sulla porta, il mio interlocutore volle tentare il tutto per tutto in un’ultima sortita, proponendomi quale “fringe benefit” la fornitura gratuita di birra per un anno e, strizzandomi un occhio complice, la possibilità di partecipare alla selezione delle modelle che dovevano interpretare gli spot pubblicitari.
Estremamente irritato da questo volgare sotterfugio persi la calma e replicai: “Giovane, u prise chiù u gire e chiù fete!” (Ragazzo, quanto più l’orinale viene agitato, tanto più ne fuoriescono nauseabondi miasmi!) sbattendo poi il malomodo la porta ad escludere vista e presenza dei due sgraditi ospiti.
Ben determinato a tornare al mio daffare, incontrai ancora una volta lo sguardo interrogativo del fedele Archibald, mai sazio di conoscenza dell’esprit jonico, che senza remore e parole mi chiedeva lumi sull’espressione da me esclamata. Il plumbeo Archie aveva senz’altro la precedenza sulle guarnigioni napoleoniche e così mi diressi senza indugio verso la biblioteca, da sempre fonte di sapere per l’assetato maggiordomo. Ricorsi senza indugio al saggio di fisica teorica “A gallina face l’ove e a u jadde le ushk’u cule – Critica ai concetti di probabilismo e acausalità della meccanica quantistica nella visione di Werner Heisenberg” scritto da Haccy Thaaanthaccynjnt (Uppsala, 1877 – Ustioni da elettrocuzione durante una sessione clandestina di sesso virtuale con una macchina emettitrice di neutrini, 1959), allievo esemplare della Scuola di Einstein-Podolsky-Rosen che avversava fortemente la teoria Quantistica. Nel suo pamphlet il Thaaanthaccynjnte parte dalla “diseguaglianza di Bell” per dimostrare che la meccanica quantistica non poteva essere considerata una teoria esatta o quantomeno completa, illustrando una serie di esperimenti che permettessero di seguire l'evoluzione spazio-temporale di coppie di particelle atomiche emesse da un'unica sorgente e dirette verso rivelatori lontani in maniera da confutare una delle conseguenze più rivoluzionarie della fisica quantistica, ovvero la modificazione del rapporto causa-effetto. Infatti, mentre la fisica classica è deterministica, ed afferma che a parità di cause conseguono effetti sempre uguali, la fisica quantistica stabilisce che ciò è solo "probabilmente vero" e la risultante di determinate cause può essere prevista solo facendo appello alle leggi statistiche della probabilità e non a quelle di causa ed effetto.
Einstein fu profondamente turbato da questo aspetto della nuova fisica, tanto da coniare la famosa espressione "Dio non gioca a dadi" per affermare che il Principio di Indeterminazione, anche se utile nella pratica, non poteva rappresentare il rapporto fondamentale tra i livelli di conoscenza della realtà fisica; Il Thaaanthaccynjnte, dimentico del proverbiale aplomb scandinavo e memore di quanto appreso nei gaudenti anni trascorsi a Taranto da studente universitario grazie al programma “Erasmus”, per spiegare al meglio il significato della frase del padre della teoria della relatività prese a prestito dalla saggezza ionica il detto in oggetto, evidenziando che, da che mondo è mondo, la materia organica escrementizia puzza “sicuramente” e non “probabilmente” e che, senza tema di smentita alcuna, checché ne dicessero Heisenberg, Bohr e compagnia teorizzante, più si agita un vaso di decenza pieno, più questo atto favorisce la fuoriuscita di sgraditi afrori. Oltre che per confutare teorie di fisica speculativa, il motto in esame è impiegato per ricordare che agire in maniera sconsiderata e malaccorta per risolvere un problema può invece vieppiù aggravarlo e che insistere con scuse balzane o poco credibili rende ancor più evidente la colpa dell’accusato; verrà quindi usato dalla moglie sospettosa nei confronti del marito fedifrago che, messo alle strette, tenti di giustificare la guepierre rinvenuta nella tasca della sua giacca e gli sbaffi di rossetto sul colletto della camicia come una stuzzicante provocazione per ringalluzzire il menage coniugale oppure dell’attento capoufficio che, rimproverando un sottoposto per il suo ennesimo ritardo, si veda da questi opporre una serie di stravaganti  giustificazioni. Ancora il detto può essere validamente citato a confutare le affermazioni di chi continua imperterrito a trovare risibili appigli burocratici per rimandare sine die l’attivazione del “Parco delle Gravine”, per rispondere per le rime a coloro i quali giocano a ping-pong con la sanità pubblica scambiandosi accuse e insinuazioni tra i due opposti schieramenti politici e per deplorare chi con costanza degna di miglior causa promuove fantasmagoriche iniziative di sviluppo e promozione turistica che altro non fanno che evidenziare lo sconsolante vuoto esistente.
Ultimo aggiornamento ( giovedì 24 novembre 2005 )
 
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