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Mi vado ad appoggiare un attimo... PDF Stampa E-mail
L'ha scritt usinnache   
domenica 25 giugno 2006
"Mi vado ad appoggiare un attimo..."

Chi di noi non ha pronunciato o ascoltato una frase simile, in specie dopo un lauto pranzo domenicale?
E' la frase che precede il raggiungere un letto, una sdraio, un divano, una qualsivoglia superficie più o meno orizzontale e qui distendesi, all'ombra di una pergola, al fresco di una stanza per rilassarsi tra le braccia di Morfeo e lasciare che i succhi gastrici svolgano con calma il loro compito.
Questo momento, che unisce le genti dei sud di ogni continente (si pensi - ad esempio - alla siesta sudamericana) è stato spesso visto con occhio miope e malevolo - in specie dagli epigoni verdeabbigliati di Bossi & C - come un evidente dimostrazione della pigrizia meridionale ma niente è più sbagliato di tale giudizio.

In specie quando l'economia era fondamentalmente basata sulla agricoltura, l'uomo era praticamente costretto ad adeguarsi ai ritmi ed ai tempi della natura, così nelle torride giornate estive i contadini lasciavano le loro dimore prima che il sole sorgesse, per cominciare il lavoro dei campi con i primi raggi dell'aurora, terminando la loro fatica sul far del mezzogiorno, quando le cocenti stilettate del sole rendevano impossibile trattenersi oltre. Tornato a casa il contadino si rifocillava e recuperava il sonno perso e le energie spese fino al tardo pomeriggio quando, approssimandosi il tramonto, raggiungeva la piazza o il viale principale del paese per scambiare quattro chiacchiere con gli amici o intessere rapporti commerciali di compravendita dei prodotti del suo lavoro.

La modifica delle condizioni economiche e delle modalità del lavoro ha di poco scalfito questi ritmi che risalgono alla notte dei tempi, ed ancora oggi capita che i negozi ed i punti vendita meridionale, d'estate, riaprano i battenti verso le 17,30 o le 18,00, dopo una lunga pausa pomeridiana. La cosa è - a ben pensarci - abbastanza logica, poiché è ben difficile vedere in giro sotto il solleone estivo acquirenti che sfidano le torride temperature diurne per soddisfare i loro bisogni di generi alimentari o di abbigliamento ma desta spesso stupore se non disapprovazione negli astanti settentrionali, che sono abituati ad esercizi commerciali ad apertura continuata.

Anche questa modalità si rifà alle abitudini dettate dall'agricoltura, ben diverse aldilà del Rubicone; nelle terre settentrionali le rigide temperature invernali e le poche ore di sole consigliavano al contadino padano di svolgere il suo lavoro durante le ore di luce utili, salvo poi raggiungere il tepore di un caminetto per ripararsi dai morsi del pungente freddo che seguiva il calare del sole.

Oggi - con buona pace della unità tanto sperata da Cavour - questa stato di cose porta a delle situazioni che vedono una globalizzazione commerciale confliggere con le usanze locali, come quando ad esempio avviene che una ditta commerciale settentrionale, che svolge il classico orario 9,00 - 17,00 tenti inutilmente di contattare un cliente meridionale che però riapre la bottega mezz'ora dopo la fine del loro orario di lavoro. non vi è - è bene ripeterlo - una situazione migliore di altre: ciascuna è adatta ai ritmi ed alle usanze del luogo ove si è sviluppata, e stride solo quando la si voglia adattare o confrontare con luoghi diversi da quelli di origine. Vi sono situazioni ancora più eclatanti, come ad esempio - nel caso della provincia ionica - quelli di Martina ed altri paesi della valle d'Itria, dove gli esercizi commerciali a più specifica destinazione turistica arrivano ad aprire al tramonto per chiudere solo a notte inoltrata, consapevoli che spesso le località murgesi vengono raggiunte al calar del sole dai reduci dell'afa marina in cerca di refrigerio e di un buon "pezzo duro".
Tornando a noi, possiamo vedere in questa “pausa” tutta una serie di significati e utilità, a volte inconsce: è sicuramente un modo per dividere il giorno in due, aggiungendo alla notte reale una “notte” fittizia, creata ad arte abbassando tapparelle o accostando persiane, un modo di ritemprarsi e magari di dedicarsi agli affetti familiari (perchè tra le fresche lenzuola – diciamo la verità – non sempre si dorme solamente...), un resa consapevole e non passiva alla Natura, Madre e non Matrigna, che ci indica quando lavorare e quando riposarci, aldilà di cartellini da timbrare, orari continuati e ambienti condizionati.

Prosegue con commenti, aneddoti e contributi vari sul Purtuso: http://www.tarantonostra.com/index.php?option=com_forum&Itemid=110&page=viewtopic&p=27852#27852

Ultimo aggiornamento ( lunedì 26 giugno 2006 )
 
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