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giovedì 25 aprile 2024
 
 
QUANNE JE TEMPE DE VENNEGNE, ZÌ CA VEGNE, ZÌ CA VEGNE PDF Stampa E-mail
L'ha scritt carlo "usinnache"   
martedì 02 ottobre 2007
 Ero impegnato a dirigere le operazioni di vendemmia in alcuni dei latifondi di famiglia che possiedo nel Tarantoshire e tra un incitamento a non battere la fiacca (sempre così questi villici, non perdono occasione per stare in panciolle!) ed una lasciva occhiata alle muliebri rotondità delle pulzelle impegnate nella raccolta dell'uva (sempre così queste villiche, non perdono occasione per tentare la carne di noi possidenti!) mi è sovvenuto un detto in tema: UANNE JE TEMPE DE VENNEGNE, ZÌ CA VEGNE, ZÌ CA VEGNE; QUANNE JE TEMPE DE ZAPPE E PUTE NO’ SE CANOSCENE LE NEPUTE (Quando è periodo di vendemmia, zio vengo, zio vengo; quando è il momento  di zappare e potare non si conoscono i nipoti).
Il detto popolare, ennesima espressione della saggezza dei nostri avi, si presta ad una sfaccettata serie di interpretazioni mirabilmente riportate nel saggio "101 modi di inzuppare il biscotto - Guida completa per una colazione erotica" scritto da Peter Liscebuss (Glasgow, 1745 - Folgorazione durante un tentativo di sottrazione indebita di energia elettrica presso una cabina di B.T. in contrada "Cimino", 1778).
Il Liscebuss fu storico insigne, a lui si devono le pagine che descrissero con esemplare partecipazione e mirabile dovizia di particolari sul "Corriere della Sega" (quotidiano dei falegnami onanisti) le fasi dello scontro tra il generale Carstereo e gli indiani di Toro Azzognato nella famosa battaglia di Little Big Sea.
Nella sua opera citata, il Liscebuss ricorda il detto, riportandolo come esempio della natura egoisticamente approfittatrice dell'uomo in generale e del parente in particolare.
Così il "tempo di vendemmia" assurge ad esempio del periodo di prosperità, in cui si godono i meritati frutti del duro lavoro o di un mega colpo di fortuna nel giocare la schedina del "Super-Enalotto". In questo aureo momento il nostro numero di telefono, il nostro indirizzo, la nostra residenza abituale tornano alla memoria di parenti ed amici di cui da anni non avevamo notizie, compagni di scuola alle elementari ci significano la loro disponibilità ed amicizia, confessando commossi di essersi frenati fino ad oggi dal farlo a causa della loro innata timidezza.
Come novelli Epuloni veniamo raggiunti da una pletora sussiegosa ed implorante che con fare a volte mellifluo ed a volte pretenzioso ci circonda con la neanche tanto nascosta volontà di godere del nostro meritato "habeo".
Ma non vi è vendemmia senza il duro lavoro preparatorio, nulla può essere tagliato se prima non si è potato, zappato e raschiato (raschiato, non rasckato, raschiato... un po’ di attenzione, sempre ad una cosa pensate!).
Questa legge di natura sfugge però allo stuolo di bipedi mignatte che si affanna a tentare di prevalersi della nostra fortuna; non appena i tempi cambiano codesti individui recuperano tempestivamente la loro precedente distanza e così, quando vi servirà un passaggio in automobile, una piccola somma di danaro per far fronte ad una spesa imprevista, un aiuto per un trasloco o anche solo una spalla su cui piangere, vedrete sbocciare un florilegio di "oggi-ho-il-mal-di-testa", "scusami-ma-proprio-non-posso", prozie con un piede nella fossa e subitanee amnesie per le passate disponibilità ricevute; ripulse e negazioni si sprecheranno, coloro che fino a qualche tempo prima si dichiaravano nostri fratelli cambieranno strada per non incontrarci.
Così i nostri progenitori, ammaestrati dall'esperienza di vita, vollero ammonire le generazioni a venire che, per quanto sia sconfortante dirlo, vale il "Fai del male e pentiti, fai del bene e scordalo".

Ultimo aggiornamento ( martedì 09 ottobre 2007 )
 
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