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giovedì 18 aprile 2024
 
 
Da capèra a coiffeur PDF Stampa E-mail
L'ha scritt Carmela "jatta acrest'"   
martedì 22 gennaio 2008
 Oggi è sabato, e noi donne dedichiamo questa giornata a farci “acconciare per le feste”.
Un nuovo taglio un nuovo colore, chi ha i capelli ricci se li fa stirare, chi li ha lisci se li fa arricciare, le brune si fanno rosse, le more si fanno bionde, le bionde si scuriscono…. Insomma per vezzo, nessuno si accontenta! 
E che deve assecondare i nostri capricci?
Il coiffeur,  oggi si chiama così perché il francese fa più chic; una volta semplicemente parrucchiere. E’ una figura professionale molto importante perché il suo lavoro non si limita a migliorare l’aspetto esteriore ... ma anche quello interiore. Il salone del parrucchiere è infatti un luogo di ritrovo per noi donne, che neanche fossimo dallo psicanalista, in questo posto, tra una tinta e una messa in piega, coccolate dai piacevoli lavaggi- massaggi della parrucchiera,  cominciamo a parlare dei nostri affanni  e ascoltiamo gli sfoghi di tutte le altre “amiche di bigodini”.
Dopo il “lavaggio di testa”,  ci ritroviamo più belle, ma anche più “sollevate” nella consapevolezza che le altre non stanno meglio di noi, ma soprattutto più “aggiornate” e desiderose di sfoggiare il nostro nuovo look e di rivelare le  notizie locali carpite in “anteprima”.
Le nostre nonne ostentavano con orgoglio i loro capelli bianchi,  simbolo di vita vissuta,  di saggezza  e quindi degni di rispetto, ma anche loro, dietro la loro matriarcale severità, nascondevano  delle fantasie e dei vezzi che erano sono e saranno sempre il baluardo della femminilità. Non sfoggiavano acconciature strane , i loro lunghi capelli erano sempre legati, intrecciati e accrocchiati  “a tuppo” , e quasi sempre coperti da fazzoletti. 
I capelli li lavavano una volta al mese, ma tutti i giorni, mattina e sera li pettinavano a lungo, passandovi  ‘a pèttenesse a denti stretti. I capelli lunghissimi erano faticosi da pettinare e la mattina, le donne di casa si pettinavano a vicenda, oppure chiamavano ‘a capéra – la pettinatrice ambulante – che girava casa per casa ad acconciare le signore.
Era  sempre ben ricercata nel vestire e ben pettinata, quasi fosse un modello per la clientela, sia popolana, che aristocratica. Di solito si trattava di donne nubili o vedove che per  tirare avanti facevano questo mestiere che non portava grandi ricchezze in quanto spesso era ripagato in natura. ‘A capèra girava tutta la mattina  per vicoli e postierle, ascoltando le lamentele delle clienti difficili ed esigenti – e dato che la cosa non era sempre piacevole, fu coniato il detto : "Le solde de  capére sapene fele".  (i soldi della pettinatrice sono amari come il fiele).
Faceva sedere la signora su di una sedia, le scioglieva 'il tuppo' e dalla borsa  tirava fuori i ferri del mestiere:  pettini e forbici, borotalco e olie di ricine…si il famoso purgante, che passato sui capelli li rende più facili da pettinare rendendoli lucidi e rinforzandoli.  Allora era facile che in testa alla signora alloggiasse qualche ospite indesiderato,  lei sapeva come eliminarli, frizionando del petrolio…ma  appena usciva tutto il rione sapeva che donna  “Comesechiama “teneva 'a capa chiene de piducchie”.
Involontariamente veniva a conoscenza dei fatti che le clienti raccontavano, divenendo suo malgrado anche loro confidente.
Ma questa poliedrica attività le affidava anche le mansioni di  sensale di matrimoni, procacciatrice d'affari e non ultima la più pericolosa: l'informatrice dei fatti altrui.   Diventava l’ amica di tutte, sapeva farsi raccontare le più intime confidenze …e provvedeva a diffonderle subito anche se giurava che nessuno avrebbe saputo niente.
Se in casa notava qualche ragazza un po' attempata che non si era ancora sistemata, proponeva subito un matrimonio, vantandosi di quelli già combinati e ben riusciti. Logicamente i familiari abboccavano e le facevano regali affinché la cosa si facesse al più presto.
Era anche una procacciatrice d'affari, se tenevate qualcosa da vendere o comprare, chi meglio di lei poteva fare da “porte e nùsce” (passa parola) tra  la sua selezionata clientela, facendo alzare il prezzo.
Ma lei commerciava in capelli, utilizzati poi per fare parrucche. A lei si rivolgevano le donne che per tirare avanti a volte erano costrette persino a vendere le loro trecce, in cambio di qualche soldo per sfamare i suoi bambini.
Era un arte nobile, un arte di fiducia…  tanto che se una signora in un momento di debolezza le confidava di aver catturato l’attenzione di qualche giovanotto, mezz'ora dopo tutto il quartiere sapeva che il marito  teneva le corna… per questo nel linguaggio comune -"Capera" è sinonimo di donna pettegola.
Ultimo aggiornamento ( domenica 03 febbraio 2008 )
 
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