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Enrico Brizzi, "Bastogne" PDF Stampa E-mail
L'ha scritt carlo "usinnache"   
venerdì 01 febbraio 2008
 Quattro ragazzi: Ermanno Barnaba, teppista cresciuto a Paolo VI nei palazzi intorno piazza Di Vittorio; suo cugino Gennaro, una bestemmia urlata contro le geometrie del buon senso con la sua spilla "A vuè mo' o quanna s'intosta?" perennemente affissa sul petto; Raimondo Bianco, spacciatore di mezza tacca che cammina come un gigolò cubano ed ha più cura delle sue basette che della sua igiene intima; Arturo Albano, un alcolista più effettivo che potenziale. Un poker di panarjidde sempre insieme, dai primi filoni al "Pacinotti" sino ad una guerra lampo autodichiarata contro la cosidetta "società civile".
Una Taranto che ricorda la Bologna di Andrea Pazienza, ma con meno illusioni e più salsedine. In una narrazione secca e sincopata scandita da date e illuminata da episodi di cinica e disperata violenza con una luce livida che richiama quella delle colate continue del siderurgico che si confonde con quella del tramonto sui Tamburi, i quattro, chiusi come le dita di un pugno hanno una sola certezza, sibilata da Ermanno: “Capimmo con certezza, spiegandocelo l'un l'altro mentre tiravamo le pietre alle papere in Villa Peripato dopo aver fatto filone a scuola, che le regole erano il modo di vivere dei lavoratori, e che noi, invece, eravamo tarantini...

Incipit: Lui non ha mai saputo come Gennaro avesse previsto tutto quel che è poi successo. Non ha mai capito perchè se ne andasse in giro col passaporto sempre in tasca, quasi fosse già pronto a spiccare il grande salto. Di una sola cosa è certo, che se gliel'avesse chiesto, il vecchio Gennaro avrebbe richiamato in superfice la migliore delle sue espressioni strafottenti, detto una frase da mezzo adulto, tipo: “Eh, ce ne vulime de vuje...”.

Ultimo paragrafo: Ermanno abbraccia l'amico per l'ultima volta, ma lo sguardo acquoso di Arturo punta in qualche posto che lui non conosce. “N’ame viste, u frà”, gli sussurra, e quando Arturo apre bocca per rispondere, a Ermanno sembra di sentire: “Lo sapevo che era un brutto sogno, fratello. Lo sapevo che tornavate con le Raffo, alla fine”.

Ultimo aggiornamento ( venerdì 01 febbraio 2008 )
 
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