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Fidanzamento ufficiale PDF Stampa E-mail
L'ha scritt Peppe Nesta   
lunedì 21 luglio 2008

 Rispetto per i più grandi.

C’era un tempo in cui il rispetto per gli adulti era di vitale importanza, vitale perché per noi ragazzini ne andava della propria incolumità e quindi bisognava assolutamente rispettare le regole, altrimenti non sarebbero mancate le punizioni. Tant’è che comincerei col dire che chiunque venisse a casa a far visita, sarebbe stato rispettosamente chiamato zio o zia, a prescindere che ci fossero o meno rapporti di parentela. A volte capitava di chiamare zia anche una cugina molto grande che si presentava con il fidanzato, ciò strappava il sorriso e quando cercavano di spiegarne il motivo, la risposta era:

Fidanzamento ufficiale

Arrivò il giorno in cui la mia sorella maggiore, la più grande di tutti, annunciò che il fidanzato si sarebbe presentato ufficialmente con la propria famiglia, naturalmente con il consenso di mio padre che, dopo aver conosciuto bene il giovine poiché da tempo presentatosi in casa, approvò. Grandi preparativi anticiparono la fatidica data, mia madre e le mie sorelle, elettrizzate per l’importanza della cosa, si operavano al massimo per poter fare la più bella figura possibile con la numerosa famiglia di mio cognato.

Mio padre dal canto suo provvide ad ordinare pasticcini, gelati e quant’altro avrebbe potuto essere di gradimento per rinfrescare il piccolo ricevimento familiare, mia madre invece avrebbe fatto delle focacce e stuzzichini vari, per sostenere l’appetito degli invitati. Infatti quel sabato pomeriggio di prima estate, a noi bambini, cominciarono presto a mandarci via per toglierci tra i piedi, cosa già di suo stranissima poiché poter correre per strada a quell’ora di pomeriggio era quasi proibitivo per noi per via della controra, tuttavia io preferii restare per vedere personalmente l’evolversi delle cose. La camera da letto dei miei genitori fu trasformata in una sala da esposizione, furono disposti in bella fiera tutti gli accessori che componevano la dote della figlia, dalla serie a dodici o a ventiquattro, dalle vestaglie agli asciugamani, dalle lenzuola ai copriletto, le mutande ed i reggiseno, tovaglie e tovaglioli, calze e calzettoni, finanche le scarpe e le pantofole La stanza più grande, il soggiorno, fu completamente modificato per ottenere più spazio possibile, la commare di fronte e la signora di sotto casa ci portarono tutte le sedie che avevano a disposizione e le stesse furono sistemate attorno alla camera, mentre il tavolo, spostato il un angolo, fu ricoperto da una bellissima tovaglia bianca comprata all’uopo la mattina stessa al mercato rionale, dopodiché cominciarono ad arrivare i fornitori dei prodotti, infatti giunsero svariati vassoi di pasticcini, bevande e tre barili in alluminio contenenti gelati del tipo “pezzo duro” Per chi non sapesse di cosa si tratta, il pezzo duro era un gelato esclusivamente artigianale, lo stesso veniva tagliato a fettone alte circa tre centimetri e ritagliato in sagome circolari, a mò di dischi di una decina di centimetri di diametro e servito su piattini in fine porcellana preventivamente protetti da un velo di carta da pasticceria decorata; Il pezzo duro era chiamato così proprio per la consistenza del gelato che se non si aveva accortezza nel mangiarlo si rischiava di spaccarsi i denti. Sul tavolo furono distribuite le guantiere di pasticcini, poi, quando furono pronte le focacce anch’esse furono allestite in bella mostra, mentre tra tutti i vassoi primeggiavano le bottiglie dei liquori, Stock 84, Vecchia Romagna, ma soprattutto il Vermouth, liquore di bassa gradazione alcoolica sicuramente preferito dalle donne, nel frattempo le bibite analcoliche erano state sistemate sul balcone in vasche in moplen a bagno con blocchi di ghiaccio. Arrivarono gli invitati al ricevimento, una vera e propria caterva di gente invase la casa, io riconobbi oltre mio cognato un paio di fratelli ed uno di loro aveva la stessa età di mio fratello Ruggero, ma gli altri erano tutti grandi, c'era anche la nonna e molti zii e zie di mio cognato e lì nacque il dilemma di come avremmo dovuto chiamarli … ma si, … sicuramente zio e zia! Dopo i convenevoli ed essersi accomodati tutti nel soggiorno, mia madre provvide a servire il caffè; ricordo benissimo che per poterne fare abbastanza per tutti fece ben due volte la macchinetta da ventiquattro tazze che le aveva prestato la signora del primo piano, insieme ad un paio di servizi completi di tazzine; una volta gustato il caffè tutte le signore presenti si avviarono verso la camera da letto ad ammirare e commentare la favolosa dote. Quando rientrarono nel soggiorno, la mamma di mio cognato, che noi ragazzini chiamavamo zia, chiamò il marito ed il figlio come sull’attenti, prese la sua borsa e ne uscì un pacchetto decorato da un fiocco dorato porgendolo tra le mani di mia sorella che immediatamente scartò; Lei quando ne intravide il contenuto cominciò ad emettere dei gridolini di gioia misti a meraviglia e corse a mostrarlo con orgoglio ai suoi genitori, successivamente il piccolo scrigno, contenente l’anello di fidanzamento, cominciò a girare di mano in mano dei presenti, ed ognuno di loro oltre che emettere un oooh di meraviglia commentava con piacere. Poi cominciarono ad uscire altre scatoline regalo portate dagli invitati, le stesse contenenti collane, bracciali e chincaglierie di ogni specie e da lì, dopo la consegna ufficiale tra le mani della puerpera, ricominciava il giro degli oooh e dei commenti del pubblico presente. Al che il padrone di casa, mio padre, dette il via al rinfresco e brindò con il consuocero alla salute dei promessi sposi, tutti i presenti allungarono le mani su quel ben di Dio che era sulla tavola, mentre noi ragazzini, che eravamo stati precedentemente istruiti anche sul restare rigorosamente in piedi per tutta la durata del ricevimento, soprattutto perché non sarebbero bastate le sedie, dovevamo assolutamente attendere il turno finale, con la speranza che fosse rimasto qualcosa anche per noi. Riuscii ad afferrare a stento qualche pasticcino e così anche i miei fratelli, ma attendevamo veramente con ansia l’arrivo del “pezzo duro” … l’ultima volta che lo avevamo assaporato era stato al matrimonio di una cugina … che buono che era! Alla distribuzione del gelato mediante le guantiere velocemente ripulite dalle mie sorelle, tutti i commensali si accalcarono per agguantarne il proprio … sembravano avvoltoi. Mio padre, come sempre con stile alla maniera del grande Amedeo Nazzari, declamò un piccolo discorso, per me incomprensibile, ed al termine tutti acconsentirono con un applauso. Il consuocero, sollecitato dalla moglie, si alzò in piedi , in una delle mani aveva un bicchierino contenente del liquore e nell’altra aveva il pezzo duro … lo stesso esclamò solo poche parole di compiacimento e di augurio per il futuro dei ragazzi … bevve un sorso di liquore ed addentò il gelato … ma dalla sua bocca si sfilò una cosa bianca che era rimasta attaccata al gelato stesso … era ... la sua dentiera! Con grande dimestichezza degna del miglior prestigiatore staccò il lavoro del suo dentista dal pezzo di gelato e se lo reinserì nella bocca sperando che i commensali non si fossero avveduti dell’incidente occorsogli … ma purtroppo … a più di qualcuno cominciarono a sfuggire dei vagiti come per sopprimere le risatine … ma la parte più brutta fu quando io e mio fratello Franco ci attaccammo alla giacca del poveraccio strattonandola con insistenza mentre gli sollecitavamo ad alta voce: Muduuu cè mazziatone che ci toccò … ma forte fooorteeee … otre cà pezzo duro! Cia'pepp'

 
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