DA NINT'NINT' A TANT'TANT'
L'ha scritt Piergiorgio   
giovedì 07 ottobre 2004

All'alba di qualche giorno fa ero sul terrazzino dell'ala posta a levante nella mia modesta magione, tutto intento ad eseguire i tradizionali esercizi del "Baduanjing" quando, con perfetto tempismo, venni raggiunto al termine dell'ultima serie di esercizi dal sempiterno Archibald che, insieme ad una corroborante Raffo, mi recava i quotidiano del mattino.

L'occhio mi cadde sulla prima pagina di un foglio locale, che riportava con clamore di grancassa e titoli a nove colonne, l'annuncio dei costruendi cinque teatri che nel giro di pochi mesi arricchiranno il panorama culturale tarantino.

Non potei non paragonare le rosee prospettive future con il triste panorama attuale ed esclamai perplesso: "Ecceccos', da nint'-nint' a tant'tant'; addò l'honna scè truà le spettatore, l'honna fa fa' alle ceramiste a Grottaglie?!?" (Poffarbacco, si passa repenti da una situazione di estrema carenza ad una di singolare floridezza, ma dove mai troveranno gli spettatori, li faranno forse costruire dai ceramisti di Grottaglie?!?".

Come è facile immaginare, al metèco Archie sfuggì sia il senso ultimo del mio commento che il significato intrinseco del mio dire; tersi quindi il sudore che imperlava la mia fronte e lo sollecitai a seguirmi in biblioteca.

Nel tragitto spiegai ad Archibald che la mia perplessità sorgeva dalla apparente scarsità di pubblico offerto dalla platea ionica, che se già attualmente poco sostegno fornisce ad una sola stagione teatrale, forse difficilmente potrà contribuire a quintuplicare presenze e risorse.

Proseguendo nel mio discorrere giungemmo nella biblioteca e senza por tempo in mezzo recuperai il volume di rime dodecafoniche "Melodianellanotte" di Addolorata Perkèmhela Calò (Mykonos, 1921 - Complicazioni seguite all'intervento di rimozione di cisti alla salpinge con smerigliatrice orbitale operato presso il reparto di ginecologia e carpenteria metallica dell'ospedale "SS. Inzippata" di Taranto, 1978), poetessa italo-ellenica che, infatuatasi della cultura nipponica, si dedicò alla composizione di haiku nutrendosi esclusivamente di sushi, tofu e tempura, diventando rapidamente anoressica.

La Perkèmhela Calò, a causa dello scarso ritorno economico della sua attività poetica, fece domanda di immissione nei ruoli della scuola pubblica italiana, ricevendo dopo dodici anni di attesa la sua prima nomina di insegnante supplente di materie letterarie presso l'I.T.I.S. "A. Righi" di Taranto, dove era stata preceduta dalla sua fama artistica. Con la sapida lepidezza che contraddistingue i gentiluomini tarantini, i suoi alunni accoglievano quotidianamente la docente con un mottetto vergato da mano ignota sulla lavagna dimostrando, novelli Pasquino, notevoli doti compositive. Cogliendo fior da fiore non possiamo non citare le vibranti rime di "Cuore a cuore / petto a petto/ apri le gambe / che te lo metto" (clicca sull'immagine per vederne una trascrizione trovata in via Berardi) o la sferzante "Cù l'haiNgù / nò se facene turnise / Tinù Tinù / vè futte le giappunise" o ancora l'icastica "Banzai banzai /ci no è mo' è dumane / ma me la darai". Per la Perkèmhela Calò, zitella per altrui scelta, il diuturno riferimento al fallimento nel campo artistico e affettivo era uno scorno troppo difficile da sopportare, tanto da sviluppare psicosomaticamente quella ciste il cui maldestro tentativo di rimozione la condusse anzitempo nel mondo dei più.

Nella presentazione della citata raccolta di rime della incompresa poetessa, questa cita per l'appunto il modo di dire da me impiegato; nel commentare infatti il sonetto "Elevai al cielo virgineo canto / s'abbasciò u cazone, madò cè schkanto / da nint'nint' a tanto tanto!" che celebrava una copula consumata dopo lunga astinenza con un partner più che dotato, la Perkèmhela Calò spiega le parti dialettali della poesia, chiarendo che con "da nint'nint' a tanto tanto" si usa evidenziare una situazione in cui si passi in maniera improvvia e inaspettata da una situazione di scarsità ad una di sovrabbondanza di un bene/servizio.

Come in molti altri casi, il commento può anche essere ironico e verrà quindi citato dall'agricoltore che dopo mesi di siccità veda sgomento scatenarsi temporali e acquazzoni, come dal cittadino che dopo anni di latitanza dei suoi rappresentanti presso il parlamento della Repubblica, li veda poi presenti e disponibili all'approssimarsi della tornata elettorale. Ancora il detto si presta a commentare la miriade di interventi (a volte contrastanti) tesi a recuperare la vivibilità della città vecchia, come il fiorire degli stabilimenti balneari a pagamento sul litorale orientale sino a pochi anni fa praticamente tutto libero.

(Grazieassai a Vito Roberto)

Ultimo aggiornamento ( venerdì 26 novembre 2004 )