UN PO' DI POESIA |
L'ha scritt carlo "usinnache" | |
marted́ 23 novembre 2004 | |
Raffo fresca aulentissima
Raffo fresca aulentissima, che appare ognor d'estate salvami da questa arsura, tu che ne hai potestate; te le donne desiderano, pulzelle o maritate, per te non prendo pace, giorno e notte pur di aver te, con chiunque farei a botte. Folgore Raffo, che per gola mi passasti al core e destasti la mente che dormia, guarda all'angosciosa vita mia che senza te non ha gusto ne' odore. Se fossi Se fossi quello che io sono e fui terrei per me le Raffo fresche e Dregher calde lascerei ad altrui. Chiare, fresche e dolci Raffo Chiare, fresche e dolci Raffo, ove le belle labbra pose colei che a me sol par bona; un po' zilata, pelosa e con il baffo, che mi incantò senza "abracadabbra" ma con i rutti che forti lei risuona. Buone maniere Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quando la Raffo porge e splende luce al par del sol che sorge tanto che gli occhi non ardiscon di guardare. Lei va così, sentendosi lodare, benignamente di umiltà vestita recando Raffo qual bevanda ambita che viene in terra miracoli a mostrare. Ea pare assai piacente a chi l'assaggia e dona pace al corpo ed allo core, capir non può chi Raffo, ahilui, non prova, chi alla bottiglia le labbra sue non mova, non percependo parole e cenni lievi di Raffo che ti invita e dice: Bevi. A Uccio Uccio, i' vorrei che tu e Mimmo ed io fossimo presi alla sigurdune e messi d'improvviso in un barcone che su Mar Grande andasse ove so io; così che fortuna o altro tempo rio non ci impedisse di giungere al Pizzone, anzi, senza ch'io paia uno sbruffone, di stare insieme crescesse il desio. Cummà Maria e cummà Anna insieme a quella amica che tiene tanta menna con noi dovrebbero essere imbarcate: poi che la Raffo le abbia infervorate e giunti che fummo a guatar punta Penna dal nostro frutto caveranno il seme. Trionfo di Raffo e Arianna Quant'è bella 'sta birrozza, che si svuota tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. Quest'è Raffo e quest'è Arianna belle e l'un dell'altra ardente: l'una l'altra versa in canna, sempre insieme stan contente. I vastasi e l'altra gente della Raffo han l'ebbrezza, chi vuol esser lieto, sia non è vino, non fa fezza. Al Galeso Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Galeso mio, che te specchi nell'onde del greco mar da cui potente nacque Tardo e le Cheradi, isole feconde in cui la Raffo ad ogni uomo piacque. L'ultima Raffo Ei fu. Siccome immobile, data l'ultima goccia, stette la spoglia immemore secca come una roccia. Così percossa, attonita la terra al nunzio sta, muta pensando all'ultimo sorso dell'uom goloso; né sa quando sorella di lei che fu vuotata la sua cruenta sete a riplacar verrà. L'infinito Sempre cara mi fu la fresca Raffo con il suo gusto che, se non sempre, spesso con l'ultimo suo sorso il guardo spegne. Ma sedendo e bevendo, interminati cartoni di canadesi intorno ammiro, e come il vento, odo dal ventre mio salire senza freni un forte rutto. Infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le vuote bottiglie, e la presente e viva, e il suon di lei che urge. Così tra questa immensità si placa finalmente il mio desio: e il naufragar mi è dolce in questo mare. A Silvia Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale quando Raffo versavi nei tuoi bicchieri lucenti e cristallini, e tu, lieta ed attenta, al limitare più volte li riempivi? Canto notturno di un vastaso errante Che fai tu, Raffo, in frigo, dimmi, che fai, silenziosa Raffo? Compagna di tua vita la vita del vastaso. Sorge in sul primo albore, stappa una Raffo e parte, al suo lavoro uguale tutti i giorni; poi stanco si riposa in su la sera: un altra Raffo, altro lui non ispera. Dimmi, o Raffo, a che vale la vastaso la sua vita, la vostra vita a voi? dimmi: ove tende il mio diuturno bere, il tuo corso immortale? Pianto antico La Raffo a cui tendevi la pargoletta mano, marrone melograno con il tappo vermiglio. Nel muto e freddo frigo paziente attende ancora del giugno la calura che nutra rosa e giglio. Tu fior della mia pianta orgoglio e vanto avito per bari sei partito da Murat vuoi giaciglio. Sei nella terra fredda, sei nella terra odiata, hai fatto st'infamata; la Raffo tua mi piglio! San Cataldo La Raffo a gl'irti colli sale con uno schiocco, e sotto lo scirocco placo riposa il mar; Ma da Via Garibaldi giungono a Via di Mezzo vastasi senza vezzo zilate a corteggiar. Gira tra i volti accesi la Raffo rinfrescando sta il pescator fischiando un piccione a rimirar. Tra le rossastre nubi colonne di fumi neri polveri e altri misteri che l'ILVA ci vuol donar. X Agosto Tornava un vastaso al tetto: inciampò e cadde tra nasse: portava, ancor non l'ho detto, tanta Raffo che tutti saziasse. Ora è là, come in croce, che porge le Raffo a quel cielo lontano; ma è buio, nessuno lo scorge non qualcuno che gli dia una mano. Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano invano: egli immobile, attonito, addita le Raffo al cielo lontano. E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito immortale, d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male! |
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Ultimo aggiornamento ( venerd́ 22 febbraio 2008 ) |