Questione di classe
mercoledì 12 gennaio 2005

Sulla opportunità di viaggiare in prima o seconda classe aveva opportunamente dissertato qualcuno più esperto e preparato di me (http://www.livejournal.com/users/drpsycho/172233.html)

Da parte mia mi sento di aggiungere solo un paio di noterelle, frutto di esperienza diretta.

Premetto che per i miei spostamenti sono uso avvalermi dei servizi delle ex Ferrovie dello Stato, attualmente Trenitalia, viaggiando, per motivi di censo e di costo, in seconda classe.

Stavolta mi si è data la ventura di potermi godere la prima classe, avvalendomi della famigerata promozione "Notti di Trenitalia", che permette di viaggiare sia in prima che seconda classe con un importo fisso di 15 o di 30 euro.

Mi sono beato della fortuna che equiparava, nella mia fantasia, me proletario alle fascinose maliarde o ai distinti avventurieri che albergavano sul "Trans Europa Express", ma il mio sollucchero è durato sino a quando non sono salito nello scompartimento a me destinato.

Nella idea di caste stereotipate che sicuramente alberga nelle menti perverse dei progettisti dei vagoni, sono convinto che i viaggiatori possano solo dividersi in:

Viaggiatori di prima: Ricchi bon-vivant, intellettuali, o manager che lavorano anche di notte, che ha bisogno di un supporto per usare il computer portatile o l’ultimo bilancio di esercizio della società per azioni che si presiede e che rifugge da ogni sia pur vago accenno di socialità e condivisione umana.

Oppure:

Viaggiatori di seconda: Umanità varia e dolente, proletari lazzaroni e scansafatiche, sempre pronti ad oziare ed a sonnecchiare, malcilenti e dimessi, abituati, per via degli atavici stenti, a dividere ogni risorsa di cibo, di calore, di emozione posseduta da ciascuno.

Vi sembra esagerato? Beh, continuate a leggere e vi renderete conto, come io ho dolorosamente sperimentato, che un viaggiatore di seconda non può impunemente passare in prima (o viceversa).

La prima cosa che il tapino di seconda nota passando in prima è il maggior spazio a disposizione, dovuto appunto al fatto che il viaggiatore di prima non gradisce fraternizzare in viaggio, occupato com’è dal suo daffare, e così ad aumentate distanze fisiche corrispondono più solide barriere sociali. Il viaggiatore di prima non parla, non condivide, non socializza. Egli è solo con sé stesso.

Viceversa, stante la natura ciarliera e caciarona del viaggiatore di seconda, a questi è destinato il minimo spazio vitale; quanto basta per respirare, pur rimanendo a stretto contatto fisico con gli altri compagni di viaggio.

Così se un viaggiatore di seconda passerà in prima si troverà spaesato, troverà braccioli fissi che separano implacabilmente un posto dall’altro, pareti divisorie dal corridoio completamente vetrate che non permettono la minima intimità e tendine striminzite che non suppliscono a questo dramma. Al viaggiatore di seconda, abituato ad offrire ed usufruire dell’altrui appoggio si opporrà una rigida parete di raso di un freddo celeste, che lo lascerà solo nel suo loculo virtuale, a cui potrà porre il definitivo suggello estraendo dal corpo del bracciolo uno pseudo poggia-qualcosa, dalle dimensioni troppo scarse per ospitare alcunchè di stabile, che altro non si rivelerà essere che un malefico uncino pronto a ghermirlo se mai dovesse pensare di abbandonare il posto a lui assegnato dal Fato crudele.

Viceversa, se è un viaggiatore di prima a passare in seconda, questi si troverà sommerso da irrifiutabili offerte di cibi fortemente speziati e garantiti "fattiacasa", di bevande alcoliche contenute in sospette bottiglie prive di qualsiasi etichetta, di inviti a "mettersi comodo" seguiti da una repentina scalzatura da parte dell’invitante e dei suoi sodali, dalla emissione di flatulenze accolte non già dalla deplorazione ma bensì dalle grasse risate degli astanti. Ed in sovrappiù, al viaggiatore di prima verrà negata la pur minima privacy fornita da braccioli e poggiatesta, che repenti vengono eliminati perché ciascuno sia giaciglio e supporto del vicino.

Passiamo al riscaldamento ambientale: Maggior spazio equivale a maggior volume e maggior volume a maggior quantità di calore da emettere in ambiente. A questo banale procedimento i tecnici addetti hanno probabilmente sostituito un calcolo "ad personam", ovvero un tot di calore per ognuno, che poi occumi tre metri cubi e vada in ebollizione o sei metri cubi e si congeli, sono sostanzialmente cazzi suoi.

Il fatto che gli scompartimenti di prima classe siano mediamente più freddi di quelli di seconda è solo un apparente disagio: si sa che infatti una temperatura fresca distende la pelle del viso mantenendola tesa e soda (e tutti noi sappiamo quanto i viaggiatori di prima tengano alla loro immagine) e permette di mantenere il corpo tonico e scattante. Naturalmente l’avveduto viaggiatore di prima, pur viaggiando in giacca e cravatta se uomo, o in tallieur e camicetta di seta se donna, ha a portata di mano un caldo cappotto di alpaca o un maglioncino di cachemire per fronteggiare eventuali brividi di freddo.

Viceversa, le elevate temperature che arroventano gli scompartimenti di seconda sono causa ed effetto dei plateali strip-tease in cui si producono coloro che li abitano. Il treno non ha ancora preso velocità che già volano scarpe e calze, si sfilano maglioni e si sbottonano camicie.

Facile immaginare il destino di un viaggiatore di prima capitato in uno scompartimento di seconda: la micidiale combinazione di elevate temperature, genetico pudore che lo costringe a rimanere abbigliato nei limiti della decenza e del buon gusto e copiosa sudorazione dei presenti lo precipiterà in una specie di bagno turco, da cui uscirà intriso di afrori e traspirazioni proprie e altrui. Ancor più meschina la sorte del viaggiatore di seconda capitato in prima, sottoposto a gelide temperature a cui tenterà invano di fare fronte coprendosi con gli indumenti scarsamente adatti alla bisogna che, tapino, ha con sé.

Ma la trappola peggiore è in agguato al calar delle tenebre.

Come detto, chi viaggia in prima classe massimizza il tempo a disposizione e quindi non è neppure sfiorato dalla idea di dormire mentre il treno fende la notte. Se non bastassero le pareti vetrate tipo "open space" e le temperature siberiane di cui si è già detto, a dissuadere chi volesse tentare di appisolarsi ci sono sedili scarsamente mobili, che cambiano poco o nulla la loro inclinazione.

Al contrario, la calda (in tutti sensi) intimità di uno scompartimento di seconda viene vieppiù amplificata dallo scorrere quasi in contemporanea dei sei sedili, sincronizzati come il cambio della guardia davanti all’Altare della Patria, che in un attimo costituiscono un unico piano orizzontale su cui i viaggiatori si aggrovigliano come un novello gruppo lacoontico.

Così, a meno di non essere un fachiro, un viaggiatore di seconda in prima veglierà insonne e anchilosato, mentre un viaggiatore di prima, malamente sistemato in seconda, invano tenterà di mantenere una postura semi eretta, mentre altrui piedi, mani, braccia e gambe lo avvolgono invadendo il suo spazio vitale, come un malefico "blob" di carne umana.

p.s. per una ulteriore dimostrazione che il differenziale tra prima e seconda classe è solo una questione di spazio superficiale, basta osservare i rispettivi servizi igienici.

Pur ospitando entrambi sostanzialmente le stesse dotazioni, quelli della seconda sono intimi e raccolti, adatti a persone che vivono in bilocali o appartamenti di edilizia popolare di scarsa estensione mentre quelli di prima, destinati a utenti che nei bagni di casa possono giocare a squash, sono notevolmente più ampi.

Capita così che se un viaggiatore di seconda utilizza un bagno di prima possa essere vittima di rovinose cadute e perdite di equilibrio causate dalla distanza delle pareti a cui pensava di appoggiarsi per contrastare le oscillazioni del convoglio.

I viaggiatori di prima invece riescono ad essere stabili senza alcun supporto perimetrale sia per motivi di igiene (a loro fa un po’ ribrezzo toccare pareti e suppellettili evidentemente impiegate per la pubblica decenza) che per la inveterata abitudine a mantenersi in equilibrio sui natanti di diporto che senz’altro posseggono loro o i loro amici.

Però se è invece un viaggiatore di prima ad ausiliarsi di un bagno di seconda, ci sono cinque probabilità su cento che venga colto da un attacco di claustrofobia prima di riuscire ad espletare il suo bisogno fisico e cinquanta probabilità su cento che invece batta violentemente la testa contro le troppo vicine pareti che lo separano dallo sguardo del mondo.

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 12 gennaio 2005 )