Beneficenza
L'ha scritt Basilica   
venerdì 30 luglio 2004

I mesi che hanno preceduto il nostro incontro in occasione delle festività pasquali sono stati caratterizzati anche da uno scambio di corrispondenza in privato tra alcuni di noi, per decidere a chi destinare la somma che, tramite il sito, Piergiorgio aveva raccolto.

Alla fine abbiamo concordato per donarla all'istituto delle suore del Sacro Costato, che gestiscono un centro di aggregazione per i ragazzi della città vecchia.

Prima di proseguire, è il caso di sottolineare che "TarantoNostra" è sempre stata, per convinta scelta, indipendente da vincoli e "punti di  riferimento" di qualsivoglia genere: politico, religioso, commerciale o sportivo. Abbiamo sempre stigmatizzato il tanto vituperato “cemenefuttismo” tarantino, pur riconoscendolo come componente quasi genetica del “modus operandi” jonico, ma in questo caso lo abbiamo fatto nostro, alle tante (e sono state tante davvero, credeteci!) proposte per schieraci “pro” o “contro”, a favore o a contrasto abbiamo sempre opposto un garbato quanto fermo rifiuto. Oscar Wilde diceva che, dato che la gente affronta le banalità come fossero fatti importanti, il miglior modo per affrontare i fatti importanti fosse di trattarli come banalità. Così abbiamo sempre scelto di fare, non per sminuire l’importanza dei fatti in questione ma per ribadire che “TarantoNostra” è un luogo “altro” rispetto al quotidiano, svincolato dai ritmi, dagli impegni e dalle priorità della “vita reale”, un’oasi ombrosa nel deserto assolato o un chiosco con la Raffo fresca su una spiaggia a Ferragosto, fate voi.

Questo, naturalmente, non significa disimpegno, significa non “mishkare squercele e fave”, cercando sempre di divertirsi seriamente e di trattare con un pizzico di disincantato humor le cose serie; così la scelta di un istituto religioso oggi, come quella della Caritas di don Nino Borsci ieri, non è e non vuole essere una "scelta di campo" ma solo ed esclusivamente un modo di contribuire, nel nostro piccolo, al progresso della nostra città, fornendo un supporto a chi, quotidianamente, cerca di alleviare i dolori ed i problemi che troppo spesso e colpevolmente, molti sembrano dimenticare.

Non abbiamo voluto dare a nessuno “patenti di legittimità”, non abbiamo stilato classifiche o compilato “hit parade”, non lo abbiamo fatto perché non né abbiamo titolo e, soprattutto, appunto, “piccè no’ ne futteva niente”.

Conclusa questa lunga quanto doverosa premessa, una rapida illustrazione di come si è svolto il nostro incontro con suor Teresina, la suora che gestisce il centro di accoglienza che abbiamo deciso di aiutare.

Nel pomeriggio del Venerdì santo, in occasione della visita guidata alla città vecchia illustrata a parte, Piergiorgio ha proposto di partecipare tutti alla consegna della somma raccolta, in modo da vivere questo episodio come momento di aggregazione della nostra comunità e dare evidenza al dove e come la somma raccolta veniva destinata.

Incontriamo Suor Teresina davanti al duomo di San Cataldo, una rapida presentazione e la sorpresa di trovarci di fronte ad una donna anziana e minuta che però esprime con gli occhi, con le parole ed i gesti l’energia e la determinazione della terra sarda che gli ha dato i natali.

Una sosta al vicino centro di aggregazione, chiuso per le vacanze pasquali, ed una prima illustrazione degli scopi, delle dotazioni e delle necessità del centro stesso. Sin da subito suor Teresina ha evidenziato e ribadito non tanto la necessità di un sostegno economico (comunque indispensabile) ma, soprattutto, il bisogno di personale che potesse occuparsi dei ragazzi della città vecchia. Ad un certo punto ha detto <<Qui siamo sole, e le necessità sono tante. Lo stato un po’ ci aiuta mandando qualche ragazzo del servizio civile ma questi non sono preparati per affrontare i nostri ragazzi, che non sono cattivi ma molto esuberanti. Sono ragazzi che hanno bisogno di una guida tanto forte quanto forti sono le situazioni che vivono nell’ambiente degradato che li ospita>>.

A testimoniare quanto i ragazzi siano “esuberanti”, la targa in marmo al lato del portone, piazzata sul muro ad un paio di metri da terra, da cui mancavano la maggior parte delle lettere in bronzo. <<Quelle lettere le hanno tolte alcuni ragazzi per dispetto – dice suor Teresina – dopo che erano stati mandati fuori per punirli del loro comportamento>>. Ed immaginare come un gruppo di ragazzini, per dispetto, sia riuscito ad arrivare ad una targa posta a quell’altezza ed a rimuoverne la maggior parte delle lettere da una prima idea dell’ambiente in cui queste suore si confrontano. <<Sole, - come ripete suor Teresina – perché gli educatori della scuola “Consiglio” fanno quello che possono con i mezzi che hanno, ma qui sono per primi i genitori che mandano i bambini per strada e gli insegnano ad “arrangiarsi”, così noi cerchiamo di interrompere questa spirale, di contrastare queste logiche di gruppo, di branco; cerchiamo di dimostrare coi fatti che un altro futuro è possibile>>.

Continuiamo la passeggiata guidati da suor Teresina e Vito ne approfitta per chiedere se è possibile visitare  palazzo Galizia che le ospita, suor Teresina dice che le zone del palazzo nelle loro disponibilità non sono quelle più interessanti da ammirare ma, come alternativa, riesce ad ottenere il permesso per farci entrare nel cortile interno di palazzo Visconti, attualmente sede dell’Istituto Universitario del Sacro Cuore.

Passo dopo passo lungo via Duomo, raggiungiamo il palazzo dove le suore svolgono la loro attività educativa: una stretta scalinata ed entriamo in un’aula scolastica piena di piccoli banchi e da lì nell’aula di informatica, arredata con un lungo tavolo intorno a cui tutti noi prendiamo posto a sedere. Suor Teresina continua a spiegarci come sia organizzata la loro attività e quanto bisogno abbiano di volontari, che possano dedicargli anche solo un’ora alla settimana, è così convincente che alla fine Rino “Kiavich” si mette a disposizione come docente per il laboratorio di falegnameria! Inizia poi la discussione sul come impiegare la somma che intendiamo donare loro; le possibilità sono fondamentalmente due, una donazione direttamente al Centro di aggregazione, che poi impiegherà la somma come meglio crede, oppure la “adozione” virtuale di uno dei ragazzi seguiti dal centro stesso, di cui diventeremmo una sorta di padrini. Alla fine abbiamo deciso di fondere le due scelte cercando di conservare i vantaggi di entrambe e di limitarne le controindicazioni. Suor Teresina, infatti, ci ha detto di tenere particolarmente ad una bambina, figlia di un ambiente familiare particolarmente difficile ed in notevoli difficoltà economiche. Questa bimba è quella che abbiamo deciso di “adottare” ed a cui tenteremo di fornire, a distanza, un piccolo supporto, economico (e non solo, magari). Per non creare delle situazioni di privilegio tra i tanti bambini seguiti dal Centro e per consentire a suor Teresina di gestire al meglio l’attività del Centro stesso, abbiamo però concordato che la somma da noi donata e quelle che in futuro doneremo, potranno essere impiegate, a discrezione di suor Teresina e, se possibile, previa nostra consultazione, per affrontare imprevisti ed emergenze che dovessero presentarsi. Dal canto suo, suor Teresina si è impegnata a fornirci un periodico aggiornamento sull'impiego delle somme ricevute e sui progressi scolastici della bambina che abbiamo deciso di sostenere, non certo perchè noi gli si debba fare i conti in tasca ma per condividere con noi i frutti di questo impegno comune, un modo per farci sentire più vicini alla loro attività, per illustrare gli sviluppi della nostra collaborazione e, perché no, per stimolarci a continuarla con sempre maggiore impegno.

Alla fine dell’incontro, ognuno di noi è stato più ricco: le suore materialmente di un assegno di 500 euro (che non è poco), noi emotivamente della soddisfazione di aver fatto qualcosa per chi è meno fortunato.

Dopo questa giornata, sia chiaro, nessuno si sente un eroe o un superuomo; il fare pubblicità a questa iniziativa, il sollecitare le donazioni, l'essere a volte forse insistenti nel richiedere contributi e partecipazione, non è e non vuole avere il fine di una egoistica gratificazione personale ma solo il mezzo per poter aiutare a sanare qualcuna delle tante piaghe che affliggono Taranto. Sicuramente non salveremo il mondo ma, altrettanto sicuramente, ci stiamo provando.