LA SETTIMANA MAGGIORE - 2^ parte
L'ha scritt Jatta acrest' & Dieci Palazzine   
mercoledì 11 aprile 2007
LUNEDI' SANTO
Il lunedì della settimana di Pasqua, la Confraternita dell'Addolorata organizza la Commemorazione "Delle sette parole di Gesù in Croce" detta anche delle “Tre ore di agonia”.
La devozione alle "sette parole" risale al XII secolo, quando vari autori decisero di trarre dai Vangeli le sette "espressioni"   pronunciate da Gesù durante le tre ore di agonia sulla Croce,  che sono poi diventate oggetto di preghiera e meditazione:
1) Padre perdonali, perchè non sanno quello che fanno
2) Tu oggi sarai con me in Paradiso…….
3) Donna ecco tuo figlio
4) Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?
5) Ho sete……
6) Tutto è compiuto.....
7) Padre, nelle Tue mani consegno il mio spirito.

MARTEDI’  SANTO
E’ il  giorno dedicato ai preparativi per le funzioni che impegneranno i giorni successivi, un giorno di Precetto alle processioni e alla Pasqua, in cui viene effettuata la Liturgia Penitenziale.
In questa giornata Le confraternite sono impegnate nel rito della Riconciliazione che consiste nelle confessioni dei confratelli al loro Padre spirituale. E’ una liturgia introdotta solo qualche anno fa da Monsignore De Giorgi, che è stata recepita favorevolmente ,  ed è entrata sin da subito a far parte del patrimonio culturale delle due Confraternite, che hanno sempre vissuto insieme questo momento di raccoglimento e preghiera.

MERCOLEDI’ SANTO
Nelle Chiese, proprio in questi giorni si procede all’allestimento dei Sepolcri, e si perpetua un’altra antichissima tradizione.

“ LE SEBBURGHE”.
La devozione d'u "SEBBURGHE" iniziò a Taranto nel 1614 ad opera dei Gesuiti che si stabilirono nella chiesa di  San Salvatore a via Duomo (già via Maggiore).
Durante le varie dominazioni, la devozione de le "SEBBURGHE" subì gravi colpi, in quanto molte chiese e luoghi di culto vennero chiusi. Si pensa che anche a causa di ciò, si sviluppò l'usanza di crearsi dei Sepolcri "casalinghi", alcuni dei quali di pregevole fattura e di incommensurabile bellezza –  tra cui si ricordano  quelli di  “meste Carmenucce 'u scarpare” (Carmine Notaristefano  - il calzolaio) , che anche i Sacerdoti si fermavano a guardare  segnandosi col segno della Croce .
Dopo l'Unita' d'Italia, le "sebburghe" continuarono a essere esposti senza problemi finchè l'Arcivescovo BERNARDI (detto “’u polendone” perché era di Castiglione Torinese) penso' di impedire  l'allestimento dei "sebburghe"  definendoli troppo scenografici e ingombranti. Questa decisione provocò una violenta insurrezione popolare che bloccò le strade principali della città vecchia e che creò non pochi disordini. Inutile dire che la decisione rientrò velocemente!
I “sebburghe”  erano adornati con le "piatte d'u paradise" .

'U PIATTE D'U PARADISE.
Si cominciava a preparare con l’inizio della quaresima. Appena finiva carnevale, si prendevano spase e piatti "scardati" (scheggiati) da  buttare, vi si metteva uno strato di tufo, uno di terra dove seminare e un'altro di tufo. Si seminavano grano, lupini, orzo, lenticchie, ceci, fave, fagioli,  si innaffiavano ogni tanto e si coprivano affinchè non prendessero luce.  I semi infatti, dovevano rigorosamente  germogliare  e crescere "ù' scure" (al buio) "pi chjariscià"(per schiarire) –  infatti i germogli dovevano per tradizione avere un colore giallo pallido tendente al bianco, questo perchè rappresentano la luce, ossia l'aura luminosa che circonda Gesù.  Il giovedì Santo poi  i piatti,  in cui erano spuntati "tanta fili di èrva chjiarisciata" (germogli biancastri), venivano abbelliti con fiori e nastri colorati, e portati in chiesa per addobbare gli altari.
Tutti preparavano "li piatti pi lù sibbùrcu", e facevano a gara, a chi riusciva a farli crescere più bianchi e più folti, perchè quelli più belli avevano il posto d'onore sull'Altare.

A Francavilla la mattina del Giovedì Santo i bambini ed i ragazzini che si sono dedicati alla preparazione del "piatto" fanno visita alle case dei parenti oppure mostrano la loro creazione, opportunamente decorata anche da fiori, nastri e affini, ai negozianti della città.
La frase rituale è: "Ce ti piaci lu piattu mia?"
Di solito, chi apprezza, oltre che regalare un sorriso, elargisce anche un piccolo premio in denaro: fino a pochi anni fa, ovviamente, non più che qualche uovo sodo, una “palomma” (dolce pasquale) e, i più raffinati, dei cioccolatini.
Dopo i piatti vengono offerti alle diverse parrocchie e benedetti durante la Messa del Giovedì: infine, anche qui decorano gli Altari della Reposizione.

GIOVEDI' SANTO
Un giorno particolare, che da inizio alle 48 ore più lunghe e intense della Settimana Santa. Tutto inizia col silenzio...... infatti da oggi le Chiese "legheranno le campane" per rispettare il silenzio in segno di lutto.
Proprio oggi infatti, con la “Missa in cena Domini” che rievoca,  l'Ultima Cena di Gesù con la suggestiva “lavanda dei piedi”,  e  l'istituzione del Sacramento dell'Eucaristia, comincia la commemorazione della Passione di Gesù.
Alla Messa prendono parte 12 confratelli in abito di rito, che prendono posto davanti all’Altare maggiore – rappresentano i dodici Apostoli  – ai quali il sacerdote celebrante, imitando il gesto di Gesù durante l’ultima cena, laverà i piedi.
Dopo la celebrazione della Messa,  ha inizio il  “Triduo Pasquale”  ossia i tre momenti cruciali dei riti della Settimana santa: Pellegrinaggio  ai Sepolcri, Processione dell’Addolorata, Processione dei Misteri.

LA VESTIZIONE
Un altro rito, meno conosciuto, perchè privato e riservato ai confratelli, è quello della  vestizione. Indossare l'abito di confratello richiede un vero e proprio rituale. I confratelli non indossano mai l'abito, senza essersi prima confessati.  Il percorso di preghiera penitenziale dei "perdune" comincia proprio con la vestizione.  I confratelli si aiutano tra di loro, e alla fine della vestizione,  vanno dal Padre spirituale per ricevere la benedizione ed infine, prima di uscire,  l'ultimo gesto...l'abbraccio alla Croce dei misteri.

PELLEGRINAGGIO  AI SEPOLCRI
Il rito del pellegrinaggio de le "PERDUNE" sembra risalire ai tempi dei pellegrinaggi a san Giacomo di Compostela in Spagna (jacopei), a Roma (romei), in Terra Santa (palmari). La "visita dei Sepolcri" rimane uno degli eventi  più sentiti dai fedeli. Tradizione vuole che il numero dei Sepolcri da visitare deve essere dispari.
Anticamente fu stabilito un numero minimo di "sette" quanti i dolori di Maria – poi si passò a "cinque" quante le piaghe di Cristo – adesso anche "tre" quante erano le croci sul Calvario.

Il Sepolcro più bello e importante da visitare è quello della Chiesa del Carmine, dove viene allestito un tappeto di fiori e germogli, che copre tutto l'altare –  mentre nella Cattedrale di San Cataldo l'esposizione del Santissimo non prevede alcun tipo di addobbo, né  fiori, né luci. Sull'altare viene esposta solo l'Urna in cui è reposto il Santissimo, il tutto illuminato solo dalla fievole luce delle candele.

A simboleggiare il pellegrinaggio ai Sepolcri sono i confratelli del Carmine,  detti "perdune" –  ossia pellegrini penitenti   o "anime incappucciate", come le ha definite Nicola Caputo,  peccatori in cerca di espiazione – che dopo la Messa in Cena Domini del Giovedì Santo, con l'abito di rito e scalzi -  escono in coppie dette "poste" perchè appunto, ogni coppia sosta, quindi si ferma , postando, in adorazione al sepolcro.
 Le coppie di confratelli, escono dal Carmine, ad intervalli regolari di 15 minuti e l'ultima di queste viene chiamata "u serrachiese"   -  tant'è che a Taranto per indicare l'ultimo che arriva ad un appuntamento si dice:  “ na',  ste' arrive 'u serrachiese!”

La prima posta,  dette  “di campagna”, si dirigerà nel borgo che anticamente era costituito da chiesette sperdute nella campagna.  Usciranno dalla sagrestia della Chiesa del Carmine su Via Giovinazzi,  dirette a visitare le chiese di San Francesco de Paola, SS. Crocifisso, San Pasquale.
Le altre poste, dette “della città” andrà verso la città vecchia che anticamente costituiva l’unico nucleo  abitato. Usciranno dal portone principale della Chiesa del Carmine  che affaccia su Piazza Giovanni XXIII, dirette  a visitare  le chiese di  Sant'Agostino,  Monteoliveto,  San Cataldo, San Domenico,  S.S. Cosma e Damiano, San Giuseppe.
Le poste camminano lentamente,  procedendo all’unisono, "ammusckate"  (spalla a spalla) e "nazzicanne" (dondolandosi).
Ogni coppia sosta dinnanzi al sepolcro fino all'arrivo di un'altra coppia che ne prenda il posto affinchè   "'u sebburghe" non rimanga mai incustodito.

Suggestivo il momento del "cambio" tra poste, quando il piu' anziano dei confratelli,  sempre alla destra della coppia,  si avvicina alla coppia in preghiera dicendo  sommessamente: "sia lodato Gesu' e Maria"  che sara' seguito da un "sempre sia lodato" a cura della coppia "uscente". Come saluto usano sbattersi sul petto il medagliere che hanno alla vita,  gesto che si chiama: 'u salamelicche" -  parola di origine ebraica, da “salam alec”, la pace sia con te.
Questo gesto viene ripetuto dai “perdune” anche ogni qualvolta le poste si incrociano per strada.

Le "poste" interrompono il pellegrinaggio ai Sepolcri e rientrano al Carmine intorno alla mezzanotte, per riprendere il loro pellegrinaggio all’alba del Venerdì Santo.

Ed è proprio nella mattinata  del Venerdì Santo che si può assistere a "'u salamelicche" più suggestivo e commovente, che è quello che i "perdune" fanno alla Madonna , quando durante il loro tragitto incrociano la processione dell'Addolorata: la coppia di "perdune" si ferma, il confratello più anziano della "posta" batte tre colpi di mazza poi insieme, rivolti verso la statua dell'Addolorata, incrociano le mazze e si genuflettono battendosi il petto col Rosario che hanno alla cintura.

E' un momento davvero toccante. Ed è impressionante il silenzio che si sente per strada, nonostante la folla che accompagna la processione - un silenzio di commozione, e devozione, che consente di sentire benissimo i colpi di mazza che danno il via a questo "gesto" di saluto.

Sul  "SALAMELICCHE"  Cesare Giulio Viola in "PATER" cosi' scrive:

"…Varcavano le soglie sacre, e il passo non mutava: avanzavano poggiando il BORDONE sul pavimento con tonfi secchi: giungevano presso la coppia che li aveva preceduti e pregavano in ginocchio, e attendevano: quelli si calavano il cappuccio sul volto e si levavano: poi otto braccia si incrociavano su quattro petti i rosari battevano contro le mazze, suonavano le medaglie; la seconda coppia si genufletteva, la prima riprendeva il suo passo…"

“...E andavano senza tregua, mentre la folla per le strade si aumentava, si rinnovava, si faceva piu' rada e stanca. E' l'ora del desinare e della siesta, e i perdoni seguitavano:  era il tramonto, si accendevano i lumi, e i perdoni seguitavano tutta la notte finche' le strade si facevano deserte, e il sonno invadeva le case e appariva all'orizzonte pallida di dolore, la luna della Settimana Santa.

Allora, a vederli all'improvviso, se svoltavi l'angolo di una via, in tutto quel biancore e in quel silenzio, ti parevano evocati da un mondo medianico, e non li guardavi…"

Il nome di questo gesto è entrato nella comunicazione popolare e spesso viene usato per sottolineare convenevoli esagerati: “ ste face tande salamelicche! “ per indicare qualcuno che temporeggia sull'argomento da discutere girandoci attorno incensando l'interlocutore. 

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 11 aprile 2007 )