Spianatora
L'ha scritt Carmela "Jatta acrest'", Peppe Nesta & Aldo "Diecipalazzine"   
mercoledì 19 settembre 2007

Molti anni fa era un attrezzo presente in tutte le case proletarie, era una tavola in faggio o altro legno non assorbente, con una bordatura di rialzo fatta dello stesso legname.
Adottata per molte preparazioni gastronomiche, era indispensabile per tutte le casalinghe che, al termine dell’uso, dopo averlo pulita accuratamente, la riponevano verticalmente, addirittura talvolta appesa su una parete libera.
Probabilmente le nuove generazioni la conoscono come l’attrezzo per preparare le deliziose chiancaredde, (orecchiette) o altre tipologie di pasta fatta in casa,  non molti l’hanno vista e le “nuove cuoche” ne fanno sicuramente a meno, da quando l’avvento di nuove strumentazioni tecnologiche ne hanno sopperito l’uso.
Difatti le nuove cuoche oggi adottano con grande preferenza frullini e frullatori, macinini e tritacarne, pastamatic e ... pastafátú ...
Ma  á spianatora era un po’ come gli attuali robot da cucina, serviva per mille usi.
Una sola particolarita’ oggi ne giustifica l’abbandono anche se parziale, funzionava solo con l’ausilio delle braccia che, poderosamente, dovevano stendere, affettare, tagliuzzare, triturare e sbatacchiare sul suo levigatissimo piano di lavoro. 
Nessuna prolunga elettrica necessitava per il suo uso e raramente si guastava rendendo impossibile il proseguo nella preparazione della leccornía in atto.
Inoltre, nelle famiglie numerose (come quella da cui provengo), la sua parte posteriore veniva utilizzata per un secondo fine, cioe’ come tavola da pranzo.
Praticamente, quando c’erano ospiti e la tavola non era sufficente ad accomodare tutti i presenti,  á spianatora veniva riposta capovolta sopra a nú scannette (sgabello) con una piccola tovaglia sopra ed i piu’ piccoli ci sedevano attorno per mangiare, ... stando moooolto attenti a non ribaltare il tutto altrimenti erano mazzate.

Quando non veniva utilizzata per scopi culinari, á spianatora veniva anche trafugata per utilizzarla a mo’ di campetto per le bilie o altri giochi... ma nel caso in cui si veniva scoperti .... jevene mazzate!

Un gesto antico che ha dato luogo ad un modo di dire poco usato ma secondo me molto suggestivo è quello che si compiva quando ormai tutta la pasta si era trasformata in chiancaredde o  pezzecaridde.
Il gesto è quello cha la massaia compiva e compie rastrellando con la lama del coltello tutti i residui di pasta rimasti attaccati 'A SPIANATORE per poterne poi fare le ultime orecchiette.
Si dice che le ultime create sono le più buone e vengono chiamate: A RASCKATORE D’A SPIANATORE. (i residui di pasta graffiati dalla spianatoia).Un mio conoscente, qualche tempo fa mentre mi parlava della sua lunga famiglia mi presentava la sorella più piccola, ultima nata, peraltro a molto tempo di distanza dal penultimo della lista, dicendo: QUESTE E’ ‘A CHIU’ PICCENNE D’A FAMIGLIE, aggiungendo con orgoglio: è’ ‘A RASCKATORE D’A SPIANATORE intendendo con ciò il fatto che la stessa rappresentava l’ultima nata creata con sforzo dai suoi genitori ormai grandicelli e comunque piena di grazia.

A spianatora era così indispensabile che rientrava nella dote di tutte le fanciulle, ricche e povere,  e faceva parte della "lignama bianca" - termine che comprendeva gli accessori in legno, che a differenza dei mobili non erano verniciati.
La lignama bianca era così indispensabile, che costituiva la dote minima, assegnata anche alle zite scinnute (le ragazze che per amore, scappavano di casa attuando "la scesa"), che non avevano diritto a nulla.
Facevano parte "d'a lignama bianca": le taule du litte (su cui si poggiavano i materassi), le taule du pane (tavole lunghe e strette, su cui si poggiava il pane da portare al forno), a spianatore.
L'importanza della "lignama bianca" era dovuta proprio al fatto che comprendeva gli accessori per poter fare u pane fatte a 'casa, e il pane è l'elemento quotidiano che non si nega a nessuno,  di cui non si può fare a meno.
Fino alla metà degli anni 50, tutte le famiglie facevano il pane in casa all'incirca una volta a settimana. Un impegno faticoso, che iniziava il giorno precedente, quando bisognava andare al forno a prenotare a nfurnate e a comprare u luàte (lievito).
La mattina successiva all'alba se cernève a farine su a spianatora, si faceva un foro a centro in cui si scioglieva u luate cu l'acqua e sale e  si cominciava a trumbà e a sckanà a paste. L'impasto veniva lavorato energicamente, schiacciato con i pugni, allargato, riunito, girato e rigirato decine di volte, fino a quando non diventava morbido e omogeneo. Allora si copriva cu le mande (coperte di lana) e si lasciava a lievitare. Nei mesi invernali, per favorire la lievitazione, sotto a spianatore si metteva a frascere cu a cinise ( il braciere con la cenere calda.
Dopo circa un'ora si riprendeva l'impasto e si divideva per il numero di panetti che si volevano ottenere, e si lavorava un pezzo per volta e dando la forma voluta: a panedde, a taradde, a filone... s'azàve u pane, si mettevano sopra le taule du pane, si coprivano cu le mànde e si facevano crescere.
Quando la brava massaia, alzando appena un angolo pe no'drifeddere a crescit',  (per non raffreddare la crescita) vi affondava leggermente un dito e sentenziava: troppe nànze, scummuegghie! - se la pasta era cresciuta troppo e bisognava scoprirla - oppure troppo rète, 'cummuegghie - se la lievitazione era lenta e bisognava coprire per riscaldare meglio la pasta. Quando si accorgeva che aver fatte, le taule si portavano al forno, dove il pane veniva cotto.
I forni a legna non erano dotati di termometro e la temperatura era gestita esclusivamente dall'esperienza della massaia che interveniva correggendo con mezzi empirici ma efficaci. Poco dopo aver infornato, controllava l'andamento della
cottura e se il pane prendeva troppo colore, copriva le forme con fogli di carta di solito giornale, se invece la cottura andava a rilento, faceva mettere altre fascine nel forno, per alzare la fiamma.
A fine cottura tutte le forme una accanto all'altra, si rimettevano sulle stesse taule, e sempre coperto cu le mande si riportava a casa, diffondendo per le strade il profumo del pane.