janare
L'ha scritt Pepp' Nesta   
mercoledì 26 settembre 2007
Nelle antiche credenze popolari, oltre a ú lupenarie nella versione maschile, c’era á janare che era la versione femminile, una specie di “malombra “ che si aggirava nelle notti buie senza luna.
Praticamente, nella convinzione popolare, non esistiva mai un periodo di tranquillita’ notturna, poiche’ ú lupenarie vagava nelle notti di luna piena, mentre  á janare in quelle di completa assenza lunare.
Ma la differenza sostanziale, oltre al sesso delle due “entita”, era la finalita’ con cui operavano,  sinteticamente, come gia’ detto in altro topic, ú lupenarie vagava nelle notti di luna piena, ululando disperatamente per il suo stato, spaventando la gente ed uccidendo piccoli animali.
Ă janare invece, avendo l’opportunita’ di vagare nelle notti buie, si introduceva nelle case dei villici, aggredendo i bambini, chiaramente i piu’ indifesi, arrecando danni talvolta irreparabili.

Nelle usanze per contrastare il contatto d’ á janare con la propria famiglia, si usava sparpagliare davanti l’uscio di casa ed i davanzali delle finestre del sale grosso, ma molto efficace era pure lasciare la scopa capovolta verticalmente, appoggiandola affianco alla porta di ingresso. Cio’ distraeva á malombre nel restare li’ a contare i granelli di sale o i fili della scopa, dissuadendola dal colpire gli abitanti piu’ indifesi della casa.
Tuttavia se durante la notte á janare riusciva ad introdursi e ci si accorgeva della sua nefasta presenza, la capofamiglia, facendosi coraggio, doveva tirarla via per capelli, che doveva essere il suo punto debole, recitando delle preghiere.

Un ricordo della mia infanzia ...
Si era sparsa voce della presenza d’ á janare e chi ci credeva adottava i sistemi tutelatori della scopa e del sale.
Tutto era partito dal fatto che si era introdotta in una casa ed aveva “toccato” una  bambina di pochi anni.
Durante la notte, la mamma della bimba si sveglio’ improvvisamente sentendo i lamenti della sua piccina, intervenendo in soccorso, vide una vecchia donna minuta, che le dette l’impressione di essere una strega, seduta a cavalcioni sul petto della pargoletta.
Si raccontava che á janare sogghignava e teneva l’indice della mano puntato sulla fronte della piccola vittima ...
La donna, senza perdersi d’animo, l’aggredi’ strattonandola per i capelli mentre tentava di recitare le preghiere ... e nell’istante preciso che la strattono’ á malombre svani’ nel nulla.
L’indomani, tragicamente, la mamma scopri’ che la sua piccola era rimasta con gli occhi strabici, cadendo in totale delirio.
Li’, successivamente, intervennero le “mammare” che cominciarono a praticare riti sacri misti al magico, per eliminare il sortilegio subito dalla piccolina.
Non ricordo come fini’, ma ricordo che in quel periodo questa leggenda lasciava tutti coinvolti nello stupore e la paura.

E' bellissimo notare come queste credenze siano radicate in tutto il sud...praticamente ogni regione ha la sua "janare", il suo "lupenarie"...cambiano magari i nomi ma l'entità misteriosa è la stessa...
Io come ho già detto ho origini tarantine (in quanto mio nonno era di Taranto, mio padre è di Taranto, poi si  trasferirono in un paese della fascia ionica lucana non distante...), e mia nonna che era di lì mi raccontava sempre della presenza della "monachedda" che praticamente corrisponde alla "janare" stesse sembianze, stessi riti, stessi punti deboli...
ricordo che quando ero piccolo mi facevo sempre raccontare queste storie... ne ero affascianto, e puntualmente passavo delle notti insonne, ad ogni rumore mi aspettavo di vedere entrare questa cavolo di "monachedda" con i capelli lunghi alta un metro e poco meno...
Idem per il "lupe menar", che evidentemente era più aggressivo di quello tarantino...in quanto aggrediva anche le persone...mia nonna diceva sempre che essi non riuscivano a salire le scale, o meglio ne salivano tre, ed altre tre le raggiungevano con una zampa...quindi io puntualmente quando di notte dovevo salire delle scale...le prime sette le facevo correndo come un matto (anche con qualche episodio di caduta, naturalmente...
Ovviamente tutti questi racconti, non si limitavano alla semplice descrizione delle entità... ma erano sempre correlate da episodi capitati a qualcuno del paese o qualche famigliare...come anche descritto da pepp'nest...(tanto per traumatizzarmi di più forse....)
ahh...quanti ricordi però...e quanto mi piacerebbe poterli riascoltare...
(mimmo83)

Col termine "janare" , da cui deriva anche "scianare", si indica anche una persona inaffidabile, ipocrita, dalla doppia faccia, che "de nànze te vànde e da rète te tagghie"...
Al maschile può essere inteso come "seguace del Dio Giano", il dio bifronte, con due facce.
Al femminile come "seguace di Diana".  poiché la dea Diana, venerata dai Romani, corrispondeva alla Artemide dei Greci, identificata con Ecate.
Ecate era rappresentata con tre teste e tre corpi (corrispondenti ad Artemide, Persefone e Demetra) regnava sui demoni malvagi e sulle tenebre e vagava nottetempo spaventando gli uomini...
A Taranto comunque c'è un detto:"Le janare, nò pe' amice e nò pe' cumbàre/cummàre"
(Carmela "jatta acrest'")
Ultimo aggiornamento ( lunedì 01 ottobre 2007 )