'U RASCJULE
L'ha scritt Carmela "jatta acrest'"   
luned́ 29 ottobre 2007
 Avevo quattro anni, più o meno, quando una mattina mi svegliai con un occhio gonfio e dolorante che non riuscivo ad aprire neanche dopo un'energica  stropicciata che mi fece aumentare il dolore. Spaventata mi alzai e correndo andai in cucina a cercare "la mamma" per capire cosa mi era successo. Lì trovai anche la nonna che subito mi disse: "Vidime c'è tène a piccènna mejie!" e dopo avermi osservata commentò: "Ah! Muscitàzza! t'ha 'sute u' rascjùle (l'orzaiolo), allora a quarcune e viste u' cule!"
Non avevo capito niente! Mentre tutti gli altri intorno a me se la ridevano, cominciai a piangere. Le parole di mia nonna avevano aggiunto alla mia paura iniziale, un senso di colpa per qualcosa che non avevo fatto, e un senso di rabbia perchè non avevo neanche capito nulla e loro ridevano della mia sofferenza!

Intanto mia madre aveva preparato già della camomilla e appena pronta mi tamponò l'occhio malato che piano piano riuscii ad aprire. Rassicurata dal trattamento indolore e rincuorata da quel miglioramento, smisi di piangere e mi avvicinai a mia nonna dicendo: "Nonna, te lo giuro io non ho visto niente!" e mia nonna mi sorrise e mi disse che lo sapeva e che mi avrebbe fatto passare la bùa.

Nel pomeriggio venne pure la nonna materna a vedere come stava 'a piccènna...
Poi le nonne si misero a parlare scambiandosi tutto ciò che sapevano sul rascjulo e decidere cosa fare con me.


Siccome tutti i riti vanno praticati la sera dopo il tramonto, quando non c'è il sole, nel tardo pomeriggio, mentre mia mamma mi teneva in braccio, ad un certo punto vidi comparire mia nonna con ago e filo...
pensai subito che volessero cucirmi l'occhio malato e scoppiai a piangere, gridando e scalciando! (ero terribile!!!)
La nonna cominciò a spiegarmi che l'ago non doveva essere usato per cucire l'occhio, ma che bastava solo passarlo davanti all'occhio malato, facendo finta di cucire, il rascjulo temendo quella minaccia, dopo la prima sera, non cresceva più, la seconda sera guariva, e la terza sera scompariva, scappando via spaventato.

Incantata da questa storiella, avevo smesso di piangere e la nonna tentò di cominciare "il rito" e mi chiese: "C'è tène a piccènne?" e io, singhiozzando: "u' rascjule"
e loro: "e mò u cusìme"
appena presero ago e filo facendo il gesto di cucire, io ricominciai a piangere!

Visto che quel rito mi spaventava e non avrebbe avuto effetto perchè mi agitavo troppo, decisero di cambiare...
presero una bottiglia di olio d'oliva e mi dissero che dovevo guardare dentro, appoggiando l'occhio malato sul collo della bottiglia.
La cosa mi sembrava fattibile, ma stavo ormai piangendo a singhiozzi e lacrimoni che avrebbero riempito la bottiglia! Insomma anche questo rito non si poteva fare!
Le nonne decisero che avrebbero riprovato la sera dopo e misero a posto ago e filo e la bottiglia dell'olio.

Tornata la normalità, anche io, sempre in braccio a mia madre, cominciai a calmarmi. Allora mia madre si tolse la fede nuziale e me la passò per tre volte sull'occhio, facendo il segno della croce...
...mi addormentai.
La mattina dopo l'occhio era sgonfio! Sarà stata la camomilla, la fede d'oro di mia madre, l'olio d'oliva o la paura di ago e filo...il rascjulo era sparito!

Strane credenze con rimedi ancora più strani, misti tra magia e religione. Preghiere recitate manipolando gli oggetti più impensati. La medicina classica popolare utilizza elementi religiosi, mitologici e perfino rituali magici, unendo il razionale all'irrazionale. Efficace o no? Mah! chi lo sa? A volte funziona! Ma è bello raccontarle, ma la cosa più importante  è fermare queste testimonianze, per sottrarle all'oblio del tempo.

Ultimo aggiornamento ( luned́ 05 novembre 2007 )