FRISCE ‘U PESCE E TREMENDE ‘A JATTE
L'ha scritt carlo "usinnache"   
sabato 23 agosto 2008
 In previsione di una movimentata serata stavo prendendo in esame alcuni interessanti suggerimenti fornitimi da uno dei capolavori della letteratura indiana composto intorno al III secolo d.C. da Mallanaga Vatsyayana quando vidi entrare nel mio spogliatoio Elena Petrovna Kociavopa, la piacente quanto pudica guardarobiera che recava lo smoking che gli avevo chiesto qualche minuto prima. Notai che la ritrosa figliola cercava di porgermi l’abito rimanendo a debita distanza da me, evidentemente preoccupata dalla ipotesi che intendessi risolvere col suo ausilio gli evidenti effetti collaterali che la lettura del testo sanscrito aveva suscitato.

Un po’ irritato ed un po’ divertito dalla cosa commentai ironicamente <<STE FRISCE ‘U PESCE E TREMENDE ‘A JATTE>> (Sta friggendo il pesce e guardando la gatta) rendendomi subito conto che la presenza della parola “pesce” in una frase per altro a lei incomprensibile aveva commutato il suo stato di attenzione al livello di diffidenza massima.

Volendo evitare accuse di molestie sessuali mi risolsi a chiarirle il senso della frase da me pronunciata, coprendo con boxer e pantaloni quella parte del mio corpo che tanto la aveva turbata e ricorrendo senza indugio alla impareggiabile opera “N’è fritte vurpe, e tu l’è ‘nfarinate - memorie di un cuoco in una casa di piacere” del romanziere svedese Ingvar Susassord (Osterund, 1856 - tentativo di record nelle specialità di “salto del pasto” e “tiro della cinghia” durante le XXVI olimpiadi dei pezzenti, 1905).

Con impareggiabile perizia narrativa il Susassord descrive infatti la scena di un cuoco che mentre controlla tempi e modi della frittura misto-mare che sta preparando, non manca di sorvegliare anche il felino nei suoi pressi, che non attende altro che una sua distrazione per poter carpire una parte delle leccornie ittiche in bella mostra sul tavolo da cucina.

Da allora il detto è entrato nel lessico comune ad indicare qualcuno che, mentre è intento ad una qualsivoglia attività, divide la sua attenzione nel tenere sotto controllo chi potrebbe nuocere gravemente alla buona riuscita dell’opera in corso e si adatta ad una vasta gamma di situazioni: dalla insegnante che mentre interroga un alunno alla lavagna controlla che tra i banchi non si svolgano illeciti commerci di figurine o riviste illustrate, al giocatore di tressette che osserva il compagno e sorveglia che le Raffo costituenti la posta in gioco non vengano ghermite da un assetato passante.

Il detto ha anche una valenza ironica e viene usato per stigmatizzare chi non dedichi sufficiente attenzione a quanto sta facendo, distraendosi dal suo dovere con i più futili motivi; valgano a titolo di esempio lo studente liceale che distoglie lo sguardo dai discorsi di Cicerone per posarli sulla procace ragazza che passa sul marciapiede di fronte alla sua finestra o l’impiegato allo sportello che ignora la richiesta dell’utente che ha di fronte per cogliere al volo il risultato di una tenzone calcistica comunicato da una radio strategicamente posta a qualche scrivania di distanza.