ve futte alle gnure
L'ha scritt carlo "U Sinnache"   
marted́ 23 giugno 2009

 In una delle più evidenti concretizzazioni dell’assunto che ammonisce che al peggio non c’è mai fine, assistevo imperterrito al miserevole spettacolo di varia umanità offertomi da una delle tante tribune politiche post-elettorali in onda sulle televisioni pubbliche e private, rimpiangendo le impeccabili doti di moderatore del mai troppo lodato Jader Jacobelli.

A fronte dell’ennesima castroneria proposta al popolo da un candidato munito della regolamentare faccia di molibdeno-wolframio (per certe cose il bronzo non è più sufficiente) non potetti fare a meno di esclamare a voce alta e stizzita: “Ma vè futte alle gnure!” (Ma vai ad imbrogliare i negri!).


Il caso volle che stanziasse nei miei pressi il segaligno Archibald, il sempre attento maggiordomo che presta il suo servigio nella mia umile residenza.

Terminata la mia esternazione, colsi uno sguardo di muto rimprovero da parte dell’anziano gentiluomo, che evidentemente in cuor suo sanzionava questa mia apparente suffragazione della inferiorità della gente di colore.

Ritenni così opportuno evidenziare il reale significato della frase da me pronunciata, approfittando della cosa per chiarire anche la simile “Vè tinge alle gnure” (vai a tingere i negri).

Per quanto sopra ritenni di fare cosa buona e giusta ausiliandomi dei preziosi suggerimenti forniti dal saggio “Taranto caleidoscopio razziale: Da Cicce u’gnure a Austine u cinese” redatto con indiscutibile perizia dal dermatologo messicano Ramon Gutierrez Puntapenna y Pizzone (Santa Fè, 1875 – Fucilazione alle spalle su pubblica piazza a causa di incauto deposito al di fuori degli spazi previsti di bottiglia di Raffo consumata su via D’Aquino, 1925) che fornisce una esaustiva analisi dei detti in esame.

Il noto “Vè futte alle gnure” viene impiegato come sarcastico invito a chi stia cercando di convincerci in merito all’esistenza di un nostro qualsivoglia vantaggio in una situazione che nella realtà è tutta “pro domo sua”. L’espressione presenta quindi un vasto campo di impiego: dai comizi politici alle offerte commerciali “paghi uno prendi trentadue” (tipiche dei venditori di piatti e terraglie in genere nelle bancarelle della festa di San Cataldo), dalle spudorate proposte di attese di pochi minuti in ristoranti strapieni a tassi di rendimento dei nostri risparmi superiori al 30% millantati da rapinose società di intermediazione mobiliare.

Il dittaggio trae evidentemente origine dalle radici colonialistiche in cui è intrisa la nostra storia, dalla favola del colonizzatore che con biglie colorate e specchietti variopinti realizza convenienti baratti con popoli primitivi che in cambio cedono di buon grado oro e pietre preziose. Il sarcastico invito è quindi una implicita denuncia della assoluta disonestà della proposta ricevuta e una allusiva risposta che rende edotto l’imbonitore di turno della assoluta inefficacia dei suoi argomenti, così scarsi che potrebbero riuscire nel loro intento solo se proposti agli “gnuri”, da intendersi più come simbolo del “buon selvaggio” di voltaireana memoria che come popolo reale.

Analogo alla prima è il campo di impiego dell’espressione “vè tinge alle gnure”; in questo caso si invita il fraudolento interlocutore a dedicare il suo tempo ad una operazione evidentemente inutile quale quella di tingere la pelle di un negro (ma che potrebbe essere un cinese, un pellerossa o un marziano), attività la cui inutilità è sottolineata proprio dalla evidenza della diversa pigmentazione dell’ipotetico soggetto.

In altri termini, si esplicita alla controparte il concetto che gli sforzi che profonde nel convincerci della bontà delle sue asserzioni sono tanto efficaci quanto lo sarebbe il tentativo di cambiare il colore della pelle di chicchessia.

Al termine della mia esposizione, ebbi il piacere di avere prova della efficacia dei miei argomenti; ad un tirapiedi che suonò al cancello di ingresso dell’ala nord-nord-ovest della mia modesta magione chiedendo di esporre il programma politico del suo capataz, Archie rispose compunto: “But you see to go to paint the nigger!” suscitando nel leccapiedi uno sgomento ed una perplessità che lo ridussero ad immediato silenzio ed a rapida ritirata.