Sdreuse, giargianìse e ghiègghiere
L'ha scritt carmela "Jatta acrest'"   
giovedì 14 ottobre 2010

 Oggi si parla troppo e si comunica poco e male.
Nel titolo ci sono tre modi per indicare qualcosa di strano e poco comprensibile.
I ragazzi usano molto l’aggettivo “sdreuse” per definire ogni cosa o situazione strana. Una persona strana  diventa:  nu’ tipe sdreuse, mentre una pettinatura stramba è:  capidde sdreuse , una persona che parla in modo veloce e incomprensibile: parle sdreuse mentre di uno straniero si dice: quidde è sdreuse.
Ma ci sono altri termini che sono poco conosciuti ...


“Cè stè parle giargianèse?” Espressione che potrebbe essere tradotta: Ma che lingua parli?
Giargianése infatti, è un altro termine usato per definire una parlata incomprensibile.
Questo aggettivo  in effetti, indicava i commercianti che arrivavano a Taranto dalla Basilicata o dalla Capitanata, per acquistare i prodotti delle nostre terre: prevalentemente uva e vino, ma anche pomodori, olive, olio.
Siccome ogni commerciante quando deve acquistare cerca in tutti i modi di “fare l’affare” a discapito di chi gli vende la merce,  anche l’aggettivo “giargianèse” per estensione è sinonimo di “imbroglione”, quindi dire a qualcuno: " Cè stè parle giargianèse?" significa: Me stè ‘mbruegghie? – mi stai imbrogliando?
Ma non finisce qui ...

Il termine più bello è: ghiègghiere...

“Le chiacchiere le fanne le ghiègghiere” Un vecchio detto che associa le chiacchiere alle ghiegghiere e viceversa, facendo capire che “le ghiegghiere” hanno la favella sciolta e incomprensibile, ma chi sono?
Mia nonna usava spesso questo modo di dire, per definire persone ciarliere, per smorzare discussioni inutili, oppure quando gli facevo domande su cose dette da  loro “grandi”  che io “piccola” non avrei dovuto ascoltare. Una volta quando mi disse: “ehee!  No dà denzia… Le chiacchiere le fanne le ghiegghiere!”  io gli chiesi: “nonna, ci so’ le ghiegghiere?”  lei non indugiò e mi rispose subito: “cristiàne cu’ do’ lenghe e senza terra”. La prodiga immaginazione fanciullesca mi portava ad immaginare degli omoni con due lingue che girovagavano come gli zingari – idea che mi impauriva impedendomi di fare altre domande.
Da grande ho scoperto che quei  “cristiani cu’ do’ lenghe” erano i Sammarzanesi , le cui vicende storiche  contemplano anche l’invasione di San Marzano da parte degli albanesi, che si insediarono sul territorio appropriandosi anche delle terre, privandone i nativi della zona per questo definiti  “senza terra”. 
I  sammarzanesi impararono la lingua degli invasori che essendo incomprensibile per le popolazioni vicine, si rivelò utile in molte occasioni per scampare agli imbrogli, ma fu anche utilizzata dagli imbroglioni per truffare i poveretti che cadevano nei loro inganni – per questo “ cristiàne cu’ do’ lenghe” era sinonimo di imbroglione. 
L’uso del dialetto albanese, differenzia ancora oggi i sammarzanesi da tutte le altre comunità della provincia tarantina.

©armela