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venerdì 26 aprile 2024
 
 
RISO, PATATE, CUCUZZE E COZZE PDF Stampa E-mail
L'ha scritt carlo "usinnache" caprino   
martedì 15 novembre 2005

Mentre seguivo sulla mia postazione multimediale l’altalenante andamento della quotazione del lutrino norvegese alla Borsa di Oslo, ho ricevuto tramite la rete intranet che cabla la mia umile dimora, una richiesta di udienza da parte di Valery Giscard Ddostè, il "maitre de cousine" che sovrintende il lavoro dei diciotto cuochi che preparano giornalmente il mio frugale desinare, che ambiva a ricevere maggiori e più dettagliate informazioni in merito al menù settimanale.

In particolare era arrovellato dal non sapere se in un tipico piatto tarantino che avevo espressamente richiesto per la cena del venerdì fosse o meno prevista la presenza della zucchina.

Riporto di seguito il mio modesto parere, sperando di fare cosa gradita a quanti di dibattano nello stesso amletico dilemma.

Per quanto mi riguarda, ho sempre sentito definire la pietanza come "Riso, Patate, Cucuzza e Cozze" in cui i due ultimi termini  danno tra l'altro origine ad un simpatico effetto sonoro all'atto della pronuncia dovuto alla reiterazione della doppia zeta in finale.

Il cibo è armonia, basta poco, pochissimo, a volte un pizzico di sale in più o in meno per rendere immangiabile quello che fino a qualche momento prima era potenzialmente un appetitoso manicaretto.

Perché vi sia armonia è necessario che gli opposti siano tra loro complementari e non che si annullino tra loro poiché, se così fosse, scomparendo l'uno sparirebbe anche l'altro.

Dai pitagorici greci (di cui Archita da Taranto fu uno dei principali esponenti) sino allo Yin e Yang orientale, tante e tante volte questo concetto è stato ribadito.

Allora, giusto equilibrio tra dolce e salato, chiaro e scuro, maschile e femminile.

Già, maschile e femminile, coppia che c'entra più di quanto si pensi con la pietanza in esame.

La zucchina (o cucuzza, in dialetto) ci vuole, altrimenti viene irreparabilmente alterato l'equilibrio tra maschile e femminile a tutto detrimento del sapore e dell'armonia del gusto.

Il riso è infatti maschile, è un seme, contiene in sé il germe vitale e quindi simboleggia la forza generatrice dell'uomo, concetto sostenuto dalla importanza che ha il riso in Oriente dove il grafema "Kome" che lo rappresenta, leggermente modificato da alcune linee verticali che indicano il vapore, lo trasformano in "Ki", che esprime  l'energia dell'universo (come ben sanno i praticanti di arti marziali cino-giapponesi).

La patata è femminile, tanto da essere spesso usata come sinonimo per indicare è l'organo genitale della donna o la sua essenza femminile in genere. A ciò valga quanto riportato nella pregevole opera <<La patata, questo tubero sconosciuto - Saggio ironico filosofico su vizi e passioni delle giovin donzelle>> reperibile nelle migliori librerie.

La zucchina è ancora maschile, la stessa forma fallica la fa assurgere a simbolo e spesso anche a surrogato della virilità, come hanno sperimentato tante e tante casalinghe insoddisfatte che in essa trovano parziale consolazione dalle sempre più rare copule dei loro coniugi.

Ed il tutto è completato dalla cozza, a sua volta simbolo femminile per eccellenza, a volte usata come dispregiativo per indicare donzelle di scarsa avvenenza ma assolutamente, imprescindibilmente legata all'immagine muliebre come indicato dalla eminente dottoressa polacca Genoveffa Kuantarasckawa che in un suo saggio dal titolo <<Il consumo di cozze e la virilità tarantina - ipotesi di correlazione e verifiche sperimentali in campo>> accoglie l'assunto che vuole il tarantino medio costantemente alla ricerca di conoscenze bibliche e fa risalire questa predisposizione al consumo giornaliero del gustoso mitilo locale.

La sessuologa sostiene infatti che per via della sua forma, colore, sapore e caratteristiche esteriori ed organolettiche, la nota "cozza pelosa" venga quasi subliminalmente associata al sesso femminile, immagine icasticamente rafforzata all'atto della apertura/deflorazione del prelibato frutto di mare attraverso cui si giunge alle rosee mucose interne, morbide e saporite, che non è difficile associare all'oscuro oggetto del desiderio maschile.

E la modalità stessa di consumo del frutto, con la lingua che insegue e cattura l'agognata preda, il suo liquido interno che cola sulle labbra e riga le guance, il gioco di labbra, le dita abili che sanno dove toccare, la passione che spinge il buongustaio/amante nel goderne senza mai saziarsi, tutto ciò non può non ricordarci il piacevole rito del cunnilinguus, atto in cui il dare ed il ricevere dell'uomo e della donna si fondono insieme alla ricerca del piacere supremo.

Togliere uno, uno solo di questi ingredienti significherebbe snaturare l'essenza stessa della pietanza, ridurla a mero veicolo di soddisfacimento dei nostri bisogni gastro-intestinali e privarci della possibilità di partecipare nel nostro piccolo al mantenimento dell'armonia cosmica.

 
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