Ero nello studio di appena trecento metri quadri ricavato
nell’ex salone delle feste del mio avito domicilio e conducevo, con l’ausilio
del world wide web, una interessante ricerca sugli effetti del deficit di
adenosinodeaminasi nel corpo umano evidenziati dal “Progetto Genoma” e
riportati in uno studio pubblicato dal National Institute of Health, quando il
vecchio Archibald mi fece rispettosamente notare che da circa tre ore stavo
occupando la linea telefonica dedicata alle chiamate internazionali, attraverso
la quale attendeva notizie relative alla salute di un suo ottuagenario prozio
che lottava in un letto di ospedale per rimandare il più possibile
l’appuntamento con la comare senza naso. Completamente assorbito dalla mia esplorazione virtuale
alzai appena gli occhi dal monitor e mi limitai a rispondere: <<A CCI SE
PONGE...CU ESSE FORE!>> (Chi si punge... esca fuori).
Fui ancora una volta spettatore della trasformazione di cui
il volto del mio canuto maggiordomo fu protagonista ed, essendo stato nel
frattempo recapitato un telegramma che annunciava la dipartita del suo anziano
parente, mi proposi di spiegargli l’origine del detto da me citato al fine di
distrarlo ed aiutarlo a superare il trauma causato dalla perdita familiare. Il motto è esaurientemente spiegato nella raccolta di
proverbi popolari: “All’elettrotecnico non far sapere quanto è buono il
voltaggio con le ampere - dalla saggezza contadina alla avvedutezza della
bit-generation” curata dal ricercatore tedesco Jurgen Haddannanz (Hildesheim,
1786 - “Sbunnata” in pieno viso durante la partita “Aristotelici vs. Platonici”
nell’ambito del torneo di calcetto interno alla facoltà di filosofia
dell’università di Leipzig, 1828) che ne racconta l’origine. Narra infatti l’ Haddannanz che una volpe sorpresa allo
scoperto da un violento temporale trovò rifugio in una angusta grotta che a
malapena riusciva a proteggerla dalla pioggia battente. Mentre cercava di raggiungere una posizione più comoda
possibile, la volpe si sentì chiamare da un istrice che, all’ingresso della
grotta, la implorava di farlo entrare. Sulle prime la volpe rifiutò, obbiettando che lo spazio
bastava appena per lei ma poi, mossa a pietà dalle preghiere dell’istrice lo
fece entrare. Appena al riparo, il nuovo entrato iniziò a stiracchiarsi e
ad agitarsi, pungendo ed irritando la volpe che gli chiese bruscamente di darsi
una calmata, invito al quale l’istrice rispose sfrontato con l’espressione
citata. Il motto ha quindi diversi impieghi, ricorda l’Haddannanz;
da una parte è usato come caustico e stizzito commento alla mancata accoglienza
di una nostra richiesta da parte di un interlocutore cinico e insensibile. "Giovane, t’ha fa chiù ddà ca me mette pur’ie
all’ombra?" (Giovanotto, vorresti spostarti un po’ in modo che anche
io possa accomodarmi all’ombra?) "Nòne proprie, stoche troppbbuene!" (Non se
ne parla neanche, sono troppo comodo!). "Essì, a ccì se ponge cu esse fore!" In altri casi col
motto in esame si invita l’interlocutore a prendere atto di una situazione
negativa che lo vede protagonista e ad agire di conseguenza senza por tempo in
mezzo, ovvero, si consiglia a colui il quale ritenga di non essere all’altezza
di un incarico affidatogli, di declinare l’incombenza ricevuta così come si
esorta chi non apprezza una condizione contingente o futura a dissociarsi
apertamente da questa. "Mudù uagnù, vulesse venè pure ije a mare ma face
troppe cavede!" (Accidenti ragazzi, vorrei venire anche io a mare ma
fa troppo caldo!) "Vabbè, statt’a case, a ci se ponge cu esse
fore" (Va bene, rimani a casa, chi si punge esca fuori). In altri casi ancora si commentano i propri od altrui
provvedimenti adottati a fronte di eventi poco graditi. "Antò, piccè e lassàt a Rosaria, dope tant’anne ca
stavere assieme? (Antonio, come mai dopo tanti anni hai rotto il
fidanzamento con Rosaria?) "Ca agghie scoperte ca me faceve le corne cu menza
Tard; cumbà, a cci se ponge cu esse fore!" (Perché ho scoperto che mi
tradiva con mezza Taranto; amico, chi si punge esca fuori). Rimane giusto da notare come il termine “uscire fuori”
presenti una serie di significati adattabili alla bisogna; dall’outing di chi
denuncia le proprie perplessità o dubbi, e che spesso si sente rispondere "Naa, e dda ddò t’nè assute mo?" (Naa, e da dove te ne sei
uscito adesso?), all’uscita da un gruppo, l’abbandono da una fazione o
schieramento in cui non ci riconosciamo più.
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