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lunedì 13 maggio 2024
 
 
A CCI SE PONGE...CU ESSE FORE PDF Stampa E-mail
L'ha scritt Usinnache   
martedì 28 marzo 2006
Ero nello studio di appena trecento metri quadri ricavato nell’ex salone delle feste del mio avito domicilio e conducevo, con l’ausilio del world wide web, una interessante ricerca sugli effetti del deficit di adenosinodeaminasi nel corpo umano evidenziati dal “Progetto Genoma” e riportati in uno studio pubblicato dal National Institute of Health, quando il vecchio Archibald mi fece rispettosamente notare che da circa tre ore stavo occupando la linea telefonica dedicata alle chiamate internazionali, attraverso la quale attendeva notizie relative alla salute di un suo ottuagenario prozio che lottava in un letto di ospedale per rimandare il più possibile l’appuntamento con la comare senza naso. Completamente assorbito dalla mia esplorazione virtuale alzai appena gli occhi dal monitor e mi limitai a rispondere: <<A CCI SE PONGE...CU ESSE FORE!>> (Chi si punge... esca fuori).

Fui ancora una volta spettatore della trasformazione di cui il volto del mio canuto maggiordomo fu protagonista ed, essendo stato nel frattempo recapitato un telegramma che annunciava la dipartita del suo anziano parente, mi proposi di spiegargli l’origine del detto da me citato al fine di distrarlo ed aiutarlo a superare il trauma causato dalla perdita familiare.
Il motto è esaurientemente spiegato nella raccolta di proverbi popolari: “All’elettrotecnico non far sapere quanto è buono il voltaggio con le ampere - dalla saggezza contadina alla avvedutezza della bit-generation” curata dal ricercatore tedesco Jurgen Haddannanz (Hildesheim, 1786 - “Sbunnata” in pieno viso durante la partita “Aristotelici vs. Platonici” nell’ambito del torneo di calcetto interno alla facoltà di filosofia dell’università di Leipzig, 1828) che ne racconta l’origine.
Narra infatti l’ Haddannanz che una volpe sorpresa allo scoperto da un violento temporale trovò rifugio in una angusta grotta che a malapena riusciva a proteggerla dalla pioggia battente.
Mentre cercava di raggiungere una posizione più comoda possibile, la volpe si sentì chiamare da un istrice che, all’ingresso della grotta, la implorava di farlo entrare.
Sulle prime la volpe rifiutò, obbiettando che lo spazio bastava appena per lei ma poi, mossa a pietà dalle preghiere dell’istrice lo fece entrare.
Appena al riparo, il nuovo entrato iniziò a stiracchiarsi e ad agitarsi, pungendo ed irritando la volpe che gli chiese bruscamente di darsi una calmata, invito al quale l’istrice rispose sfrontato con l’espressione citata.
Il motto ha quindi diversi impieghi, ricorda l’Haddannanz; da una parte è usato come caustico e stizzito commento alla mancata accoglienza di una nostra richiesta da parte di un interlocutore cinico e insensibile.
"Giovane, t’ha fa chiù ddà ca me mette pur’ie all’ombra?" (Giovanotto, vorresti spostarti un po’ in modo che anche io possa accomodarmi all’ombra?)
"Nòne proprie, stoche troppbbuene!" (Non se ne parla neanche, sono troppo comodo!).
"Essì, a ccì se ponge cu esse fore!"
In altri casi  col motto in esame si invita l’interlocutore a prendere atto di una situazione negativa che lo vede protagonista e ad agire di conseguenza senza por tempo in mezzo, ovvero, si consiglia a colui il quale ritenga di non essere all’altezza di un incarico affidatogli, di declinare l’incombenza ricevuta così come si esorta chi non apprezza una condizione contingente o futura a dissociarsi apertamente da questa.
"Mudù uagnù, vulesse venè pure ije a mare ma face troppe cavede!" (Accidenti ragazzi, vorrei venire anche io a mare ma fa troppo caldo!)
"Vabbè, statt’a case, a ci se ponge cu esse fore" (Va bene, rimani a casa, chi si punge esca fuori).
In altri casi ancora si commentano i propri od altrui provvedimenti adottati a fronte di eventi poco graditi.
"Antò, piccè e lassàt a Rosaria, dope tant’anne ca stavere assieme? (Antonio, come mai dopo tanti anni hai rotto il fidanzamento con Rosaria?)
"Ca agghie scoperte ca me faceve le corne cu menza Tard; cumbà, a cci se ponge cu esse fore!" (Perché ho scoperto che mi tradiva con mezza Taranto; amico, chi si punge esca fuori).
Rimane giusto da notare come il termine “uscire fuori” presenti una serie di significati adattabili alla bisogna; dall’outing di chi denuncia le proprie perplessità o dubbi, e che spesso si sente rispondere "Naa, e dda ddò t’nè assute mo?" (Naa, e da dove te ne sei uscito adesso?), all’uscita da un gruppo, l’abbandono da una fazione o schieramento in cui non ci riconosciamo più.

 
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