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LA SETTIMANA MAGGIORE - 1^ parte PDF Stampa E-mail
L'ha scritt Jatta acrest' & Dieci Palazzine   
mercoledì 11 aprile 2007

I Riti della Settimana Santa tarantina sono una tradizione che si rinnova, ripetendosi ormai da tempo immemorabile, e che porta inevitabilmente la città a confronto con la sua storia e le sue tradizioni.

Sono Riti che riportano alla luce una Taranto che per il resto dell'anno rimane, purtroppo schiacciata dalla fretta di tutti i giorni, e che grazie al lento incedere dei confratelli, ritrova, anche se per pochi giorni, la sua dimensione umana riscoprendo la sua identità cristiana che si esprime al di fuori dalle quattro mura delle Chiese, invadendo le strade e riappropiandosi della città.

Una voce che ritorna dal passato e che si fa sentire forte e chiara, urlando nel silenzio.

Una voce sentita anche e soprattutto dai Tarantini lontani :

Pe' li tarandine chiù verace,
esiste sule 'nu muttette vere:
Natale e carnevale addò te truève,
Pàsche la passàre a casa tòje!
Jè 'nu muttette chine de passione,
jè 'nu muttette chine de speranze
pu' tarandine 'ngire pè l'Italie!
Nè 'mmare, ne monde, nè tembeste
trattenene lundane 'u confratelle!
Dumeneche de le Palme jè già vicine
'a troccole ultrepasse le cunfine!
Tratta da "A fenestre" di E. Basile

LE CONFRATERNITE

Nel  XVI secolo le associazioni laicali sul territorio tarantino erano molte.  Le prime confraternite avevano abiti con mantelline di colori sgargianti che ricalcavano quelle della tradizione Andalusa e Aragonese. Vederli per strada era un tripudio di colori.

Le Confraternite avevano anche  scopi  diversi,  all'epoca si preoccupavano di assistere i malati, di portare il viatico ai moribondi, rifocillare i pellegrini, dare sostentamento ai poveri. A queste attività primarie si affiancavano poi quelle più strettamente religiose, come la partecipazione alle processioni e alle ricorrenze più solenni della chiesa. In particolare, proprio il giovedì Santo, erano "tutti" obbligati a visitare i sepolcri.

Ogni confraternita organizzava un suo pellegrinaggio, una sorta di piccola processione, aperta anche allora dal "troccolante", e a passo lento - ma senza la “nazzicata” - percorrevano la città Vecchia, visitando tutte le chiese, che allora erano numerosissime e tutte aperte al culto.

La Congrega del Carmine fu fondata dai padri carmelitani nel 1577 e aveva luogo nella chiesa omonima. Per decreto di Ferdinando IV di Borbone, la congrega stessa ebbe l'esclusiva sul territorio, per la visita a Gesu' in Sacramento nei Santi Sepolcri nel Giovedì e Venerdì santi, nelle chiese. Affermando, sempre per decreto, la precedenza su qualsiasi altra congrega.

Col passare del tempo questa predominanza ebbe strascichi legali tra la citata e la congrega della Vergine del Rosario, in quanto una “posta” della stessa, che continuava a effettuare pellegrinaggi, si rese attrice di un tentativo di anteposizione alla “posta” del Carmine, dando luogo presso la chiesa di Monteoliveto ad un vero e proprio corpo a corpo tra confratelli. Dal giudizio, vene fuori una sentenza favorevole alla Congrega del Carmine che conservò il privilegio.

Stessa sorte  vincente toccò alla stessa, in un'altro giudizio, che vide come controparte, la Congrega della SS. Trinità costretta anch'essa a riconoscerne il predominio.

Oggi le confraternite Tarantine protagoniste della Settimana Santa sono due: quella del Carmine e quella dell'Addolorata.

Essenzialmente i confratelli si distinguono dagli abiti.

Quelli del Carmine  - detti “i fratelli dalla mozzetta bianca” - indossano una lunga tunica bianca sulla quale sistemano due scapolari su cui compaiono le scritte "Decor" e "Carmeli". Alla cintura portano una cintura di cuoio da cui pendono un  rosario nero e un medagliere. Sulla tunica indossano la "mozzetta" - ossia una mantellina corta color crema - chiusa sul davanti da 22 bottoncini neri. Sul capo calano un cappuccio bianco, con due fori all'altezza degli occhi. Sopra il cappuccio  calzano un cappello nero orlato di azzurro. In mano reggono una mazza bianca con un pomello nero.  Non indossano scarpe, sono scalzi .

Anche i confratelli dell'Addolorata – detti “i fratelli dalla mozzetta nera” - vestono una tunica bianca, ma sopra indossano una mozzetta di colora nero, chiusa sul davanti da 9 bottoncini bianchi. Sulla sinistra del petto hanno un medaglione ovale in argento, raffigurante il volto dell'Addolorata, sul quale è incisa la scritta "Mater Dolorosa". Il cappuccio è uguale, mentre il cappello che non calzano mai, ma viene tenuto dietro le spalle, è di colore nero orlato di bianco. Sul cappuccio portano una corona di spine, simbolo di quella fatta cingere a Gesù durante il Calvario. Alla cintura hanno il rosario nero, e due strisce di panno nero alle cui estremità viene annodata una nappa.

Calzano scarpe nere su cui viene attaccata una coccarda bianca con un bottone nero al centro.

I confratelli dell'Addolorata non portano la mazza.

 .......Tutto questo, per introdurre quello che i Tarantini, e non solo,  aspettano da un anno.......

LE GARE

I riti della Settimana Santa hanno inizio la sera della Domenica delle Palme, con le "gare",  vere e proprie aste in cui sono ammessi solo i Confratelli regolarmente iscritti alle Congreghe ed in regole con la quota annua di iscrizione. Durante queste aste vengono licitati i simboli delle processioni dell’Addolorata e dei Misteri. 

Una volta le “gare” avvenivano nelle Chiese. Quella della processione dell’Addolorata nella Chiesa di San Domenico,  mentre quella per la processione dei Misteri avveniva nella chiesa del Carmine.

In molti hanno contestato e continuano a criticare le “gare”, definendole come mercificazione di simboli sacri,  e appellandole come “il mercato nel tempio”  - motivo che nel 1978 costrinse  Monsignore Motolese ad interrompere questa usanza, ordinando ai confratelli di trasferire lo svolgimento “delle gare” in luogo più idoneo.

In realtà si tratta di un’antica usanza con la quale i confratelli delle congreghe del Carmine e dell'Addolorata si disputano all'asta l'onore di portare in processione i simboli sacri. Il ricavato della gara viene poi devoluto, nel corso dell'anno, in favore di iniziative benefiche.

La statua della Vergine e la "troccola" , sono i simboli più ambiti dai confratelli della congrega dell'Addolorata, mentre per quelli del Carmine sono  la statua di Gesù Morto, l’Addolorata e la “troccola” .

Inizia così ufficialmente la "SETTIMANA MAGGIORE".

Come scrive Enzo Risolvo in "Storie e culacchie de storie":  "Anticamente  questo era un periodo di lutto, il periodo più sentito della quaresima. Era severamente vietato fare rumore,  tant’è che ai cavalli si legavano degli stracci sotto gli zoccoli affinché non facessero rumore, i cocchieri non potevano schioccare le fruste,  e  neanche le campane erano ammesse.  Il suono della troccola era  l’unico ammesso in questo periodo,  perché non potendo suonare neanche le campane,  il priore per adunare i confratelli inviava una persona di sua fiducia, sotto casa di questi,   con la "Troccola" per invitarli all'adunata dicendo: "FRATE', 'A MADONNE TE STE SPETTE, CALATE" – dove  il termine “calate”, aveva due significati, il primo: "Scendi e vieni all'adunata", il secondo:"Mettiti la mano alla tasca e contribuisci alle spese della confraternita"……

…..durante  questa settimana oltre a non far rumore, come gia' detto, era d'uso per le donne non lavarsi i capelli ne' pettinarli. Agli uomini invece era proibito farsi la barba e a tutti era sconsigliato sia il trasloco in altra casa, sia il partire che il fare acquisti non estremamente necessari.

Fare queste cose, avrebbe provocato, secondo l’usanza, guai seri in ambito famigliare.

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 11 aprile 2007 )
 
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