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"Mamme calabresi" PDF Stampa E-mail
L'ha scritt Carmela "jatta acrest'"   
martedì 22 gennaio 2008
 Le “mamme calabresi” erano famose per due motivi: le loro ninne nanne  per addormentare i bambini, e i loro lamenti funebri. Purtroppo le frequenti tragedie per mare e le morti di lupara hanno segnato la calabria e le sue donne, che fin da giovani erano costrette a portare il lutto e a piangere i loro cari…padri, mariti, figli. A volte rimaste sole si allontanavano dalla Calabria  dalla terra che le aveva tolto, anche la fede. Giravano alla ricerca di poter piangere un morto, perché in questo modo sfogavano il loro dolore.
L’arte di “saper piangere “ i morti, ereditata dai nostri antenati Greci e Romani,  non era  concessa a tutti,  per questo  la gente cominciò a chiamare “le mamme calabresi” che così dettero vita ad una vera e propria professione “le chiangiamuerte ” … ossia  le prefiche,  donne che, vestite con abiti scuri e coperte in viso con un velo nero (come le mamme calabresi in lutto, appunto), si recavano a casa del  defunto col il triste compito di piangerlo e di cantarne le virtù.
Nel Medioevo anche la Chiesa con un mandato ufficiale che "legalizzava" il loro operato, riconobbe questa professione e ne sancì il pagamento.
Le prefiche prezzolate parlavano in nome dei parenti intimi e rievocavano i fatti più salienti o più commoventi della vita del defunto.
Anche a Taranto fu praticata questa professione. In Vico Pentite esisteva il Conservatorio delle Pentite, rifugio per povere donne rimaste sole e per “le pentite” (donne che avevano fatto vita da strada, e che per “raggiunti limiti di età” si ritiravano in questo luogo).
Queste donne vivevano di carità e molte di loro facevano le prefiche.
Le frasi gridate durante le lamentazioni erano tipiche, e le prefiche prima di cominciare a piangere, parlavano coi parenti del defunto per conoscerne la vita, poi cominciavano a gridare interpretando vari ruoli:
la vedova che si rivolgeva al marito con frasi del tipo:
“Te ne vulàste come n’acjiedde!”  
“Agghie perse ‘a culònne de casa – mò po’ sgarrà tutte cose!”
“E lassàte na casa vacànde!”
I figli al padre:
“Tatà piccè no me parle chiù!”
“Tatà òzete e damme mazzate ca ma scè fatià!”
Le mamme che piangevano i figli:
“Figghie rispunne a mammete n’otra vòta sola!”
"Mamma quidd' figghije, naturale ste!..... ........PARE CA' ste' PARLA !!!!! " 
Mia nonna raccontava di una veglia funebre per una giovane donna morta di parto dopo aver fatto nascere un bel bambino, in cui la frase ricorrente ripetuta dal marito era:
“Signore, m’è lassate nu chile e t’è pigghiàte nu quintale!”

E quando si chiudeva u chiavut': " Apprite apprite.........l'agghia vede' n'otra vot' !!! "
"TUTTI l'hann sape'.......ma mette'  la BANNa  GROSSA !!!!
"
La cosa strana è che la presenza di queste Donne, con i loro pianti finti, faceva in modo che molte persone andavano al funerale anche senza conoscere il defunto !!!!!  Infatti si andava al funerale per ascoltare cosa avrebbero gridato le mamme calabresi !!!

Ultimo aggiornamento ( venerdì 25 gennaio 2008 )
 
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