L’Immacolata è il secondo appuntamento dei Tarantini col Natale. Ormai, l’aria del Natale si respira ovunque, strade e negozi addobbati con festoni e luminarie. In ogni casa è spuntato l’alberello e in alcune anche il presepe. L’odore di olio fritto, zucchero e miele invade ogni vicolo. Pettole, sannacchiudde e purcedduzze, bandiscono le tavole. Ma anche se non ci fosse tutto questo, l’aria del Natale ossigenerebbe ugualmente i nostri cuori, perché viaggia sul pentagramma con le note delle nostre amate pastorali che svegliano la città in questi giorni, facendo da colonna sonora all’alba festiva.
La banda a Taranto è la componente primaria dei riti e delle tradizioni natalizie e pasquali, senza la banda non è festa. E’ la banda a riproporre questa musica antica che ci regala una gioia sempre nuova e benchè “la musica è sempre la stessa”, ogni anno sentiamo la nostalgia di riascoltarla, per riscoprire ogni volta una nuova emozione. Quelle note, sempre le stesse e uguali per tutti, sembrano avere il dono di cambiare per ognuno di noi, assurdo! ma forse forse è così… Sono note che si caricano delle gioie, dei dolori ma soprattutto delle speranze di ognuno di noi, e a rendere possibile questo piccolo grande miracolo sono loro... le bannìste.
Far parte della banda era un ruolo di prestigio, chi ne aveva la possibilità faceva a gara per poter suonare nella banda …le tammùrre, a grancàsce o “semplicemente” le tattazzìnne e proprio l’importanza di questi riti ha dato alle bannìste gloria e fama… ma purtroppo anche tanta fame, si proprio fame, perchè per ironia della sorte, proprio loro che suonavano, di “moneta sonante” ne sentivano ben poca. Si trattava di un lavoro “occasionalmente popolareligioso”che non garantiva lauti proventi, e a tal proposito anche per loro la saggezza popolare ha coniato dei proverbi come:
Le bannìste p’a fame perdene a vìste
Non ha bisogno di commenti, ma c’è un proverbio che meglio si addice alla condizione del bandista nel contesto della realtà tarantina:
Le bannìste campàne sotte a Criste, e quanne finisce a fèste vònne a solde a ‘mbrièste.
Per questa sua peculiarità, nella maggior parte dei casi quello d’u bannìste era …“il secondo lavoro o il “dopo lavoro” dei maestri artigiani, amanti della musica ma dilettanti dello spartito. A fine giornata e nei giorni liberi dagli impegni lavorativi, si riunivano in qualche rimessa o scantinato, messi a disposizione da qualcuno di loro che ne aveva la disponibilità, e guidati da un maestro, provavano le varie composizioni da eseguire orgogliosamente nei giorni di festa.
L’importanza che i riti natalizi e pasquali hanno per i tarantini, è nota, ma altrettanto forte è l’attaccamento dei tarantini verso le bande. All’inizio era il suono delle zampogne dei pastori che scendevano dalle montagne per portare le loro greggi a pascolare nelle nostre campagne. Loro suonavano le loro nenie per le vie della città, elemosinando un tozzo di pane, e i tarantini non negavano loro un pasto caldo consumato al calore d’a frascère. Poi a Taranto gli zampognari non sono scesi più, ma la tradizione di accompagnare le feste con la colonna sonora delle loro pastorali è rimasta, grazie a musicisti come il maestro Giovanni Ippolito che nel 1870 compose la prima pastorale tarantina, seguito negli anni successivi da altri compositori come Francesco De Benedictis, Giacomo Lacerenza , Francesco Battista, Domenico Colucci, E. Vernaglione, D.N. La Tagliata, D. Minniti, Vittorio Manente ( dal titolo “Ninna nanna a Gesù Bambino”), Vincenzo Simonetti (dal titolo “Il Messia a Bethlemme” ) Giuseppe Gregucci ( intitolate “Aurore natalizie” e “Santa Cecilia”) e altri come Nino La Nave, Michele Ventrelli, Carlo Carducci.
Ad oggi le pastorali sono più di venti e vengono eseguite dai complessi bandistici più famosi:
- la banda “Santa Cecilia” del maestro Giuseppe Gregucci, - la banda “G. Paisiello” del prof. Vincenzo Simonetti, - la banda “Lemma” di Berardino Lemma, figlio dell’indimenticabile “ meste Mengucce” al secolo Domenico Lemma - la banda “Maria SS. Addolorata” del maestro Nicola Orlando –
Sono loro che durante le notti di vigilia, girano per la città suonandoci le dolci ninne nanne che ci tengono svegli, ma alzarsi all’alba per impastare, non è un sacrificio ma un piacere vissuto con la gioia della festa. Sono tanti quelli che, nonostante i primi freddi, passano le notti di vigilia in piedi per preparare il liquore, il caffè bollente e le pettole calde calde, per rifocillare le bannìste – un gesto semplice che ricorda l’accoglienza riservata agli zampognari e perpetua il ringraziamento a chi riesce con una nenia ad assopire i cattivi pensieri allietando i nostri cuori. Quando da lontano si sentono le prime note scatta l’allarme < stè passe ‘a ‘banne! >… chi scende giù con vassoi e coppe e chi corre a svegliare i bambini, e poi tutti imbacuccati in cappotti e sciarpe si scende per strada o ci si affaccia al balcone, e al suono delle dolci note delle pastorali che man mano si fanno sempre più nitide, si attende l’arrivo della banda, perchè avere la banda sotto casa è un onore, ma ascoltare le nostre pastorali è un vero piacere.
Le pastorali tarantine sono belle proprio perchè sono “diverse” dalle solite. La loro melodia è un compendio di vita quotidiana e religiosità; nelle loro note si può ascoltare il canto delle donne, mogli e madri, che intonando l’Inno alla Vergine: “O Concetta Immacolata”, chiedono alla Madonna eterna protezione per la città; Ma è anche facile sentire in quella melodia, il rumore delle onde che si intreccia con le note del tradizionale “tu scendi dalle stelle” intonato da pescatori che invocano la protezione del Bambinello per la loro, e nostra, “marinara vetusta città”.