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lunedì 13 maggio 2024
 
 
L'APE PIU' DOLOROSA... LA PERCHIA PDF Stampa E-mail
L'ha scritt carlo "U Sinnache"   
mercoledì 06 maggio 2009

 Ero nell’ala sud-sud-ovest della mia umile casetta, all’interno del mio dojo personale che spiegavo ad alcuni degli addetti alla sorveglianza notturna dei miei modesti averi il modo più efficace di portare un pugno quando uno di loro mi chiese di spiegargli la differenza tra la “perchia” ed il “chiantapalo”, subito corretto da un suo collega che affermava che invece che “chiantapalo” il colpo in questione venisse più propriamente identificato col termine “chiantapane”, osservazione che suscitò la piccata reazione del primo.


Poiché la discussione stava degenerando sino ad una probabile attuazione pratica della efficacia dei colpi in discussione, decisi di placare le acque fornendo agli astanti la mia personale opinione, secondo la quale il termine originario dovrebbe essere "chiantapalo", derivato dalla attività agricola di infissione di pali per recinzione di terreni e/o coltivazioni di spalliere o tendoni di uva oppure da quella marina di pali per le zoche di cozze.


Più controversa l'origine di "chiantapane": L'ermeneuta francese Alphonse Baguette (Lyon, 1832 - Unghia incarnata dell'alluce dx, 1879) propende per l'ipotesi che evidenzia un gesto tipico di chi lavori una sostanza di consistenza plastica (dalla pasta di pane all'argilla) mentre di diverso avviso è Cataldo Trombavo Lapuccia (San Pancrazio Salentino, 1912 - esplosione improvvisa di "Palla di Maradona" durante il capodanno del 1969) che non vede alcun collegamento tra il gesto citato e la voce verbale "chiantare".

Il Trombavo Lapuccia afferma invece che l'origine del lemma è da ascriversi al gesto del capofamiglia durante il pranzo all'atto di affettare il pane ad uso dei commensali.


Infatti, poiché il pane di fattura artigianale aveva spesso una crosta molto dura, era necessaria una notevole forza fisica per consentire l'introduzione del coltello che lo avrebbe affettato, introduzione che appunto veniva effettuata con un violento colpo in verticale inferto col coltello al panetto poggiato sul piano del tavolo.


Per comprendere le differenze sostanziali tra "chiantapalo/chiantapane" e "perchia" (o "carocchia") è d'uopo riferirsi a quanto pubblicato sulla rivista di arti di combattimento "Mazzate di morte" dal marzialista francese Donatienne Maffatte a Saint Lazare (Orly, 1925 - Duello con "grammedda" contro ostricaro di contrabbando, 1965) in un articolo dal titolo "Analogie tipologiche dei colpi di pugno delle arti marziali orientali e dei combattimenti a stile libero del tarantini".


L'ispirazione dell'articolo colse il Maffatte a Saint Lazare dopo aver assistito ad un violento alterco tra alcuni esponenti della manovalanza ittica tarantina in merito ad una controversa interpretazione del diritto di precedenza in un locale di pubblica mescita di bevande alcoliche.


In questo virile confronto il Maffatte a Saint Lazare notò che il "chiantapalo/chiantapane" è analogabile al "ura ken uchi" così come la "perchia/carocchia" è l'equivalente nostrano del "nukitè" giapponese; nel corso dell'articolo citato l'autore descrive anche alcune peculiarità dei colpi in esame: Il "chiantapalo/chiantapane" ha una superficie di impatto relativamente ampia (il taglio della mano chiusa a pugno) e richiede quindi una notevole vigoria fisica per essere efficace mentre la "perchia/ carocchia" impatta il bersaglio con la sola nocca della prima e seconda falange del medio sporgente dalle altre dita della mano ed ha quindi un notevole effetto dirompente anche se portata con forza non eccessiva.
A quanto sopra si aggiunga che di solito la "perchia/carocchia" viene inferta in punti particolarmente sensibili (sulla sommità del capo o, più raramente, tra il naso e la bocca o in mezzo agli occhi) che ne accentuano esponenzialmente la dolorosità.


Per quanto riguarda l'origine del termine "perchia", il Maffatte a Saint Lazare propende per una contrazione con successiva elisione della parte finale e storpiatura della parte iniziale rimanente del termine tardo medievale "perchiuotere" (da cui l'italiano "percuotere") che descrive appieno l'intima essenza del gesto, esprimendo con ciò il concetto di “nomen omen” coniato dai nostri padri latini.

Ultimo aggiornamento ( giovedì 21 maggio 2009 )
 
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