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L'ha scritt carmela "Jatta acrest'"   
lunedì 03 agosto 2009

 I maccheroni sono conosciuti in tutto il mondo ma , senza sapere dove e da chi sono stati inventati.
C'è chi sostiene che i maccheroni siano nati in cina, perchè Marco Polo nel suo "Milione" ne fa riferimento .
C'è chi sventola la paternità partenopea... come ricorda la deliziosa novella riportata nelle “leggende Napoletane di Matilde Serao:


La storia de li “maccaruni”
Al tempo di Federico II di Svevia, nella zona del Seggio di Portauova, in via dei Cortellari, vi era un palazzetto a quattro piani nel quale alloggiavano una « donna di facili costumi », uno strozzino ebreo, una coppia di truffatori, e uno stregone o mago di nome Chico. 



Il mago non si faceva vedere molto dai suoi « coinquilini ». Il suo domestico,  raccontava che questi, studiava sempre e si dava anche ad esperimenti chimici di  grande  interesse.
Ma tutti sapevano che ad una determinata ora ,  usciva dalla sua casetta una nuvola bianca che a volta imbrattava il bucato messo a sciorinare , ma  ciò che maggiormente  impressionava gli abitanti  dello stabile  e’ che si poteva intravedere il mago nella nube di polvere con le mani imbrattate di… sangue! Tutti avevano paura e non sapevano immaginare cosa egli facesse, anche se in effetti il pover’uomo non faceva male a nessuno, anzi con i suoi esperimenti voleva perfezionare una sua scoperta che avrebbe reso felice il prossimo nei  secoli a venire.
Un giorno, la bella e procace Giovannella di Canzio, che era la moglie, o quasi, di uno sguattero della cucina reale, tanto spiò che riuscì a scoprire cosa manipolava il mago ed imparò a fare i maccheroni ed il saporito sugo di pomodoro che da lontano era stato scambiato per sangue. Non appena si fu specializzata nella preparazione del piatto la furbastra tanto brigò,  tramite il marito, che riuscì ad arrivare a corte ed a fare assaggiare la sua specialita’ a Federico II che rimase così meravigliato che inconsapevolmente divenne il responsabile dell’etimologia del piatto: definì i sottili  fili di pasta  “non cari, ma caroni “.
Da quel momento  tutti vollero mangiare i maccheroni, i nobili vollero che i loro cuochi imparassero a farli e Giovannella divenne molto ricca e fece molte conoscenze. 
Il povero Chico, che era all’oscuro di tutto, ignorava che la sua ricetta gli fosse stata rubata, e lo apprese un giorno bruscamente , passando per un vicolo,vide per caso che in un basso si cucinava… la sua  invenzione. Disperato e  amareggiato, il povero buon mago fece fagotto e scappò via da Napoli.


Bella leggenda, ma anacronistica….al tempo di Federico II di Svevia, l’america non era stata ancora scoperta, quindi solo un mago poteva usare già i pomodori … Mah!...

 

Più credibile invece, una favola nostrana:

La principessa e la massara.
C’era una volta un principe la cui figlia un giorno si ammalò. I migliori medici, chiamati al suo capezzale, non riuscirono a diagnosticare la malattia. Le facevano bere intrugli e pozioni che la facevano peggiorare.
Il Principe e sua moglie, preoccupati ne parlavano a tutti, chiedendo consigli e aiuto. La giardiniera del palazzo consigliò al Principe di chiamare la moglie del massaro, ritenuta da tutti molto saggia.
Il principe la fece chiamare, e la massara, appena vide la principessina disse che l’avrebbe curata a patto che fosse immediatamente trasferita alla masseria. Il principe era riluttante, ma alla fine, per il bene della fanciulla acconsentirono.
Appena la principessa arrivò alla masseria, la massara le preparò una stanza e cominciò a darle da mangiare ‘ndromese (semolino cotto nel latte di mandorla )  e panecuette (pane cotto con olio, sale e alloro) – e questo ogni giorno a colazione, pranzo e cena.
La cura cominciò a fare effetto e dopo pochi giorni la principessina disse alle figlie della massara, di sentirsi già meglio.
La massara allora, passò ad una medicina migliore, la migliore conosciuta a quel tempo, con la quale aveva tirato su le sue figlie: ricotta col miele  e maccarrùne- sempre a colazione, pranzo e cena.
Un bel giorno la massara riportò la principessa a palazzo, robusta rosea e allegra come un tempo.
Il Principe chiese alla massara come era possibile un simile miracolo solo con del cibo  lei spiegò che i suoi maccheroni erano impastati con latte di mandorla,  svelando così il suo ingrediente segreto

...
‘u latte d’acijdde … ma questa è un'altra storia e pure molto controversa…

 

Pasta e sugo di pomodoro questi gli ingredienti semplici e indispensabili del nostro piatto nazionale. Ardua la scelta del tipo di pasta , fresca o secca, di semola o all’uovo, lunga o corta, liscia o rigata, ripiena o bucata … comunque maccarròne, specialmente la domenica.
La domenica è un giorno speciale : chi si riposa, chi fa sport, chi ne approfitta per fare quello che non può fare durante la settimana, comunque c’è un’aria di festa, che una volta si sentiva ancora di più perché si lasciavano gli abiti da lavoro e si indossava il vestito della domenica… scendevano in piazza e ‘a ‘mervetàte, li riportava a casa, dove li attendeva il pranzo festivo,  e come ricordava una pubblicità, anche a pranzo oggi come ieri,  la domenica fa la differenza.
Regina della tavola domenicale è la pasta, la mitica  pastasciutta,   è un piatto nazionale che oggi si è arricchito di  vari condimenti, ma di  origine povera...
la pasta a sciotta – una pietanza ottenuta  facendo cuocere la pasta nel sugo di pomodoro  cotto con cipolla, aglio, prezzemolo  e poi allungato con acqua, a fine cottura conditi cu n’addòre de furmàgge.
Questo l’unico pasto caldo, unico perché era pranzo e cena insieme; caldo perché i contadini p’a filannégne , si concedevano la pausa  per mangiare il loro pane olio e sale accompagnato da cipolla cruda in inverno e dal pomodoro fresco d’estate.   La sera si ritrovavano in piazza in attesa che l’uomo di fiducia di qualche proprietario andasse a proporgli qualche giornata di lavoro.                    Il ritorno a casa a volte era felice, a volte triste ma a casa per festeggiare o per consolarsi   il pasto caldo era sempre quello: la pasta a sciotta.

 

.. e certo, il condimento pe le maccarrune è lui...  il ragù

e per fare un buon ragù le nostre nonne usavano:

carne di maiale tagliati a pezzetti - di solito vintrèsche (pancetta) che costava meno...
carne di manzo  e carne di cavallo
olio,  aglio, cipolla, peperoncino e ½ bicchiere di prosecco bianco - per il soffritto
passata di pomodoro e sale.
 
Cuocere a fuoco lento per tre, quattro ore, aggiungendo di tanto in tanto dell'acqua e in fine, a fuoco spento aggiungere qualche foglia  di basilico...

...e cè te mànge

 

...dopo aver condito i maccheroni col ragù, bisogna insaporire il tutto...come?

Chi se lo poteva permettere usava il pecorino nostrano, piccante e saporito, ma non per tutte le tasche.
Tutti avevano in casa a capasèdde de casericotte salàte, saporita e accessibile a tutti.
A volte non ci si poteva permettere ne' uno ne' l'altro.... allora per condire si usava a recotte asquante sciolta nel ragù. Ne bastava un cucchiaino, perchè il suo sapore forte e grintoso amalgamasse il tutto.

Oggi la ricotta forte è una prelibatezza per i palati più forti ma una volta costava poco perchè si otteneva utilizzando la ricotta invenduta che si lasciava inacidire impastandola con l'olio e sale (per evitare le muffe).
Si otteneva così il miglior surrogato del formaggio a basso costo.

 
< Vid quidd d'apprim.   Vid 'nnotre. >
 
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