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Ne stè làsse! PDF Stampa E-mail
L'ha scritt carmela "Jatta acrest'"   
martedì 16 febbraio 2010
 Un saluto a tutti ( a Mass più di tutti!  ;) ) dalla vostra jatta, che per la gioia di pochi e la disperazione di molti, torna mentre qualcun altro ci sta lasciando....

 

“Se ne stè vè!”


“Uè! Ne stè làsse!”


“ Ci è?”


“Carnevàle!!!!!!!”

 

Questo l’antico modo per ricordare a tutti che oggi è l’ ultimo giorno di carnevale, giorno di festa e di allegria in cui ognuno può giocare ad essere quello che vorrebbe o a beffeggiare quello che non vorrebbe mai essere.

Ed ecco che prima di disperarci con  QUAREMMA e piangerci 'U TATE bisogna divertirsi. E alla base del divertimento c’è la maschera.

Taranto non ha una particolare  tradizione carnascialesca,  non ha sfilate storiche, ne maschere particolari, ma l’allegoria e  il divertimento  si facevano sentire .

E allora comparivano le “mèste Giorge” e le “scalière” accompagnati da  le “donna Pernìce”  per deridere signore, signorine, signorotti e signorini locali.

Donne che si travestivano da pescatori e uomini che si travestivano da “zìlate”.

Trainière che si travestivano da marinai, pescatori travestiti da puèppete e da furìse …

insomma l’importante ieri come oggi, era osare, osare di cambiare almeno per un giorno.

Nelle tasche e nelle borse non mancavano  cumbiette rizze e cannelìine che per la gioia di grandi e piccini erano usati come coriandoli e davano vita a vere e proprie battaglie che lastricavano strìttele e làrie di confetti colorati.

E nella baldoria festiva non ci si poteva esimere dai balli.

 

Chi poteva partecipava ai  veglioni organizzati al Paisiello e all’Alhambra…..

quando Taranto poteva vantare un teatro … poi  qualcuno decise che a Taranto non doveva esserci un teatro,  volontà che qualcun altro ha finora rispettata…..

(perdonate il breve escursus fuori tema ma  liberatorio, ma quanne ‘nge vò  ‘nge vò  e oggi è carnevale e tutto vale no?)

 

Dicevamo…….

Quando questi teatri sparirono l’usanza dei veglioni fu perpetuata dal glorioso  Gran Caffè La Sem ….

glorioso e compianto perché ? …. Era il ritrovo degli artisti, degli avvocati, dei “dottori”, dei “professori” ,degli studenti …. dei tarantini … e non esiste più. Al suo posto …una banca…  - come vedere i sanitari nel salotto!    (scusate ma è difficile trattenersi )

 

Ridicevamo 

I veglioni costavano erano cose da signori. Il popolo organizzava le festìne a cumbunende – feste in casa, tra vicini di casa, che mettevene na cos’appedùne e compravano paste secche e  rosolio. Tra amici e cumbàre c’era sempre chi sapeva suonare… e bastàve nu mandecette e nu viulìne pe fa nu cungertìne ……

E mascherati, tra polche, mazurche e tarantelle per i ragazzi era facile sfuggire alla sorveglianza di fratelli e genitori e nell’euforia del carnevale nascevano amicizie, amori e fuitine.

Tutti si divertivano,mangiavano, bevevano, cantavano,  ballavano e ad un certo punto quando il vino, le frenetiche danze e gli amorosi  palpiti avevano colorito le guance e riscaldato gli animi,  i suonatori iniziavano a suonare una allegra marcetta tarantata …. Gli uomini adocchiavano già le loro compagne di ballo … al centro della sala si faceva largo  ‘u caratarie …. gli uomini si disponevano a  destra … le donne a sinistra … uno di fronte all’altra  e … al grido di “ ATTENZIO’  SCIEVALIE’ !!!!!”   cominciava  ... 

 

'A QUADRIGGHIE

 

‘U caratarie  dirigeva il ballo e gridava gli ordini delle varie figure in una lingua unica, un misto di francese- italiano e dialetto  che all’epoca lo ammantava di autorità,e che oggi definiremmo “supercazzola” , comunque tutti lo capivano e si cominciava al grido di:

 

SCIEVALIE’ INCHINO ALLA DAMA

Gli uomini andavano verso la dama che avevano di fronte e facevano un inchino, poi tornavano indietro …

 

E LE DAME AI CAVALIERI

Le donne andavano verso il cavaliere che avevano di fronte e ricambiavano il saluto…

 

SCIEVALIE’ MAN’A MANE

Dame e cavalieri andavano verso il centro e si prendevano per mano

 

E BALLANSE’

E  a questo grido  cominciavano a ballare sul posto aspettando l’ordine successivo …

 

E PROMENE’…. Sciàmene a messa

Le coppie cominciavano una camminata danzante  intorno alla sala

 

E… SCIANGE’ LA DAMA

Le donne si fermavano mentre gli uomini passavano alla dama successiva e continuavano a ballare …

 

E DES’A DE’

Ogni cavaliere prendeva le mani della dama e in coppia le sollevavano formando una sorta di galleria, sempre a tempo di musica la prima coppia passava sotto questo ponte e arrivata alla fine si rimetteva in posizione per riformare la galleria. Quando ogni coppia aveva attraversato il tunnel …

 

E BALLANSE’ ….

 

E GIRE’….

Le coppie formavano un cerchio, un uomo e una donna, alternati …

 

E LE DAME A CENDRO

Si formavano due cerchi, all’interno le donne e all’esterno gli uomini

 

E SCIEVALIE’ A DRITTE E LE DAME A MANCHE

Gli uomini girano verso destra e le donne verso sinistra

 

E  A  CONTRE’

Gli uomini a sinistra e le donne a destra

 

E BALLANSE’

Si dovevano formare le coppie prima che u’ caratarie impartisse  l’ordine di ballo , chi rimaneva solo era escluso

 

E PROMENE’ …. E bravi chi balla!

 

E SCIEVALIE’ ANNANZE E DAME ARRETE

Gli uomini si mettevano avanti alle dame e si continuava girare camminando  in fila indiana, un uomo e una donna. A comandare questa figura era sempre ‘u caratarie …

 

SCIEVALIE’ ATTACCHE’

Gli uomini alzavano le braccia e le porgevano  all’indietro alla dama che lo seguiva, continuando a ballare

 

E STACCHE’

Tutti alzavano le braccia, ‘u caratarie che era anche il capofila si staccava dalla fila e la dama che lo seguiva diventava capofila, dava le mani al cavaliere alle sue spalle, seguita dalle altre dame … e a questo punto alla sicurdùne ‘u caratarie gridava

 

E BALANSE’

E ogni dama doveva ballare col  cavaliere che aveva alle spalle … tranne una che rimanendo da sola veniva eliminata.

 

E PROMENE’ ….  bravi chi balla!

e si ricominciava finchè non rimaneva una sola coppia …….

La sera di carnevale impazzava  tra  festini e veglioni, nell’aria si diffondevano le allegre note dei balli intercalate dalle chiassose risate degli alticci ballerini, e tra schèrze, cànde, balle e masckere il tempo passava  e ...

ad un certo punto accadeva qualcosa che da tanti anni non succede più ...

l’aria festaiola era squarciata dai rintocchi di campana a  martello ... si, le campane delle chiese suonavano a morto, era mezzanotte, era

‘A FORORE


Era l’ora della fine del periodo Carnevalesco delle gozzoviglie, per questo le campane suonavano a morto.
Al loro rintocco tutto finiva,  le pasticcerie che fino a quel momento avevano venduto cazùne e  paste de mènnele,  impastavano  le fresellìne … (i quaresimali)  gli unici biscotti consentiti durante la quaresima.
Tutti si fermavano  e tolte le maschere si recavano a ‘u larie de San Catavete (largo arcivescovado) dove si bruciavano i rami di ulivo e le palme dell’anno precedente e proprio  le ceneri  di questo falò avrebbero cosparso il capo di coloro che partecipavano alla messa del giorno successivo, il  mercoledì della ceneri, una funzione antichissima che dava inizio al periodo di penitenza.
La mattina del mercoledì tutti si recavano a messa per ricevere le ceneri, poi le donne tornate a casa si dedicavano al lavaggio accurato delle pentole, perché il cibo da preparare durante il periodo della quaresima non doveva avere la benché minima traccia di grasso.

 

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 17 febbraio 2010 )
 
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